Al femminile

Cellulari al cinema: spegnete quelle luci

Controllare il telefono è diventato un gesto automatico, ma preferiamo crederci liberi e aperti al mondo piuttosto che legati all’utilizzo immersivo di Internet
La luce bianca viene percepita con lo stesso fastidio del fumo passivo
La luce bianca viene percepita con lo stesso fastidio del fumo passivo
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Fino al 1975 il cinematografo non era un ambiente salutare, molti spettatori fumavano infischiandosene della presenza di bambini o di donne incinte. La sala, avvolta da una fitta nebbia, rosseggiava delle braci di sigarette. Alla gente lacrimavano gli occhi, usciva con il raspino in gola e gli abiti puzzolenti. Quando il fumo venne vietato nei luoghi pubblici i più accaniti non la presero bene. Alcuni minacciarono di non mettere più piede nei teatri, bar e ristoranti. Poi se ne fecero una ragione, il divieto fu preso come un fioretto in tempo di Quaresima, con somma gioia dei polmoni.

Se da cinquant’anni i tabagisti sopportano per due ore l’assenza di nicotina, così non avviene per la dipendenza dal telefono. Sono quelli infatti ad accendersi nel buio come lucciole e ad infastidire gli altri spettatori.

Prima che il cellulare diventasse quasi una protesi della mano, se un film annoiava a morte qualcuno finiva sempre per addormentarsi. Era anche tacitamente consentito tamburellare sul bracciolo della poltrona per interrompere il vicino quando quest’ultimo ronfava come un ghiro.

Oggi l’insonnia da Internet è più diffusa dell’ipertensione arteriosa. Anche al cinema i disinteressati alla pellicola, invece di uscire alla fine del primo tempo, ingannano la noia rispondendo a messaggi non urgenti o facendo scorrere le pagine di Instagram. C’è anche chi con aria indifferente prenota un tavolo in pizzeria, risponde sottovoce alle chiamate o segue con le cuffie la partita di calcio.

Il cartello «vietato fumare» dovrebbe oggi essere sostituito con «vietato usare il telefono» poiché la luce bianca viene percepita con lo stesso fastidio del fumo passivo. Con la diffusione dei cellulari è cresciuta anche l’esigenza di «netiquette», quell’insieme di regole dettate dalla buona educazione sulla comunicazione online, che dovrebbero essere estese anche all’uso degli smartphone. 

È di palmare evidenza che controllare il telefono è diventato un gesto automatico, benché tutti neghino e detestino l’idea di essere sottomessi a una forma di disturbo. Preferiamo infatti crederci liberi e aperti al mondo piuttosto che legati all’utilizzo intensivo di Internet. Del resto in Italia fino al 2012 anche i giocatori d’azzardo patologici erano malati di ludopatia senza saperlo e senza essere riconosciuti come tali.

Non ci si ammala solo a causa di virus o batteri. La dipendenza prima che diventi una malattia conclamata attraversa sempre la fase del menefreghismo. Da quello però, volendo, si può sempre guarire.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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