Brescia sceglie la Repubblica per voltare pagina

«L’opera di ricostruzione che ci attende è immane; ma nella unità degli spiriti, incrollabile è la fede della rinascita. Brescia libera (...) riprende il cammino e il lavoro». Si chiude così il primo articolo della storia de «Il Giornale di Brescia»: prima pagina del 27 aprile 1945, composta mentre ancora si spara nelle valli. Quasi un manifesto del primissimo dopoguerra nel Bresciano. Anni che ci accingiamo a raccontare oggi, nella prima di una serie di pagine monografiche in uscita ogni mercoledì, a ripercorrere gli 80 anni narrati nel suo cammino dal GdB.
Un Paese da risollevare
Povertà e devastazione sono i lasciti della guerra appena terminata. In tutta Italia. E il Bresciano non fa eccezione. Le macerie di cui sono ingombre le strade sono specchio di quelle sociali, civili, economiche. Venuta meno la Rsi, l’assetto politico della nazione va totalmente riscritto. Il Cln – di cui il GdB è organo – si adopera in tal senso anche nel Bresciano.
I partiti che lo compongono nominano i vertici dei principali organi sul territorio: «I nuovi reggitori della Provincia» è il titolo dell’articolo di cronaca del 3 maggio che dà conto delle ragioni che hanno indotto in particolare alla scelta come primo prefetto di Pietro Bulloni, espressione della Democrazia Cristiana («ebbe a mestri Giorgio Montini, Luigi Bazoli, Giovanni Longinotti»), e come presidente della allora Deputazione Provinciale di Arturo Reggio, liberale. Nella stessa pagina, in cui si racconta del vertice con il colonnello Charles Poletti, governatore alleato per la Lombardia, ecco i nomi del nuovo sindaco in Loggia, Guglielmo Ghislandi (socialista) e del neoinsediato questore Alfonso Bonora (indicato dal Partito Comunista).
A queste autorità, è affidato il compito di fornire le coordinate per il ripristino di una quotidianità se non normale, almeno sostenibile. Lo fanno impartendo indicazioni ai cittadini anche dalle colonne del quotidiano, come detto, organo del Cln fino al gennaio 1947, quando sarà privatizzato con la nascita dell’Editoriale Bresciana, espressione di Banca San Paolo, Cab e alcuni privati.
Al servizio
Le prime edizioni sono un profluvio di decreti prefettizi, ordini rivolti a quanti avevano aderito all’Rsi perché si presentino alla Commissione di giustizia, e comunicazioni di servizio: ai produttori di latte e agli agricoltori, a famiglie e studenti («le scuole di ogni ordine e grado riprenderanno la loro normale attività dal 2 maggio»), ai commercianti, agli utenti della rete telefonica («Ripresa del servizio telefonico»), e via dicendo.
Informazioni preziose che vanno fatte circolare: il quotidiano (di là da venire non solo internet, ma persino le radio locali) ha un ruolo fondamentale ed esce come può, con sole due pagine, si dibatte tra le ristrettezze del periodo. Manca la carta e allora in pagina si rinnova la preghiera: «Raccomandiamo ai lettori di far circolare le poche copie messe in vendita perché possa usufruirne il maggior numero di persone». In nuce, la vocazione a fare comunità.
Si vota
La ripresa passa anche per la ridefinizione di assetti politici democratici. A cominciare da quelli locali. Il 31 marzo 1946 è la prima occasione concreta per esprimere una scelta libera. Si rinnova il Consiglio comunale di Brescia: 50 componenti da scegliere. Gli italiani – e con loro i bresciani – non sono più abituati a libere elezioni, le donne non vi hanno mai preso parte. Il 2% della popolazione lombarda risulta allora ancora analfabeta.
Si comprende lo sforzo del quotidiano – sette i redattori della prima ora, guidati da Leonzio Foresti, nome storico della Resistenza cattolica e già caporedattore del Cittadino prima del Ventennio – nel garantire ai lettori tutte le informazioni per un voto consapevole. Il 5 marzo 1946 il GdB esce con un «numero unico elettorale» dedicato al voto, in prima pagina campeggiano le cinque liste di 50 nomi l’una espresse dai partiti del Cln. Alle urne andrà l’86% dei cittadini, la Dc otterrà 22 seggi, 13 il Psi, 12 il Pci, 2 i liberali, 1 Concentrazione democratica.

Il referendum
La chiamata al voto si ripete poi per il delicatissimo passaggio del 2 e 3 giugno: l’Italia deve scegliere tra monarchia e Repubblica ed eleggere i membri dell’Assemblea Costituente. Il 10 maggio il GdB titola: «Vittorio Emanuele III abbandona l’Italia dopo aver firmato l’atto di abdicazione a Napoli». Gli succede il figlio Umberto.
Nei giorni successivi sulle pagine del quotidiano, un’enorme infografica (ben rara per l’epoca) mostra come si compone e si compila la scheda referendaria. I bresciani scelgono per il nuovo ordine costituzionale. In che misura lo riporta l’edizione del 6 giugno 1946: il 62,5% in città, il 56% in provincia. La Dc manda a Montecitorio Pietro Bulloni, Enrico Roselli, Lodovico Montini, Stefano Bazoli, Laura Bianchini; il Partito socialista Costante Bianchi, Guglielmo Ghislandi, Felice Vischioni ed Oreste Bonomelli; il Partito comunista Aldo Caprani.
«L’ultimo re ha lasciato l’Italia» è il titolo scelto dal GdB il 14 giugno, quando Umberto II di Savoia parte per il Portogallo. Ma quel giorno uscirà anche un’edizione straordinaria: «Uniti nel pensiero della Patria» il nuovo titolo, che accompagna la replica di De Gasperi al proclamo del re di maggio, che accusava il governo di aver preso il potere arbitrariamente. In archivio il regno, l’iter costituzionale si conclude il 22 dicembre 1947. «Da oggi in vigore la nuova Costituzione. De Nicola presidente della Repubblica» titola il GdB il 1° gennaio 1948.
De Gasperi a Brescia
Si va verso nuove elezioni politiche per il primo Parlamento repubblicano. Stabilite le regole comuni, il confronto fra partiti si fa su visioni contrapposte: lo ribadisce, nella sua unica visita a Brescia il presidente del Consiglio e guida della Dc Alcide De Gasperi, che parla dalla Loggia ai bresciani il 19 marzo 1948. Il giorno dopo il GdB esce in fogliazione ampliata: 4 pagine (di solito riservate alla domenica), sulle quali viene riportato l’intero intervento dello statista.
La folla «spettacolo magnifico» a detta del premier, riserba anche bandiere rosse e proteste: «Non occorreva di meglio per dimostrare il nostro senso di libertà» chiosa De Gasperi. Che ai bresciani ribadisce: «Nessuno di voi, per viltà, manchi al voto». Appello raccolto dagli elettori Dc, partito che nel Bresciano toccherà il 61% di preferenze.

Il voto condurrà il sindaco socialista Ghislandi a Montecitorio: al suo posto, sarà scelto Bruno Boni, ex partigiano e leader provinciale Dc, destinato a restare sindaco fino al 1975, salvo poi reggere Broletto e Camera di Commercio.
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