Timken, gli operai passeranno Ferragosto insieme: le storie

I 106 dipendenti dell'azienda di Villa Carcina festeggeranno con uno spiedo nel piazzale e alle 16 messa col Vescovo. Tante coppie in difficoltà
I lavoratori della Timken fuori dall'azienda di Villa Carcina - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
I lavoratori della Timken fuori dall'azienda di Villa Carcina - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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«Come sempre, le più penalizzate sono le donne. Qui siamo in tante fra i quaranta e i cinquant’anni. Sarà dura trovare un nuovo posto». Ilaria, di Villa Carcina, e Monica, di Marcheno, si conoscono da una vita, compagne di lavoro alla Timken. La prima varca il cancello della fabbrica di via Fiume Mella da 25 anni, l’amica da 33. «Abbiamo una certa età, dove andiamo?» È giovedì mattina. Ilaria e Monica siedono su una panca sotto la tettoia all’ingresso della Timken di Villa Carcina, specializzata nella produzione di cuscinetti per il comparto dell’automotive. I 106 lavoratori sono in assemblea permanente dal 19 luglio quando la multinazionale statunitense ha comunicato la decisione di chiudere.

Domani sarà un Ferragosto particolare per questi lavoratori e le loro famiglie. Comunque vada, «un ferragosto che non dimenticheremo mai», dicono le due donne. Passeranno qui la festa, insieme ai colleghi e ai congiunti, consumando uno spiedo collettivo per condividere amarezze, attese, speranze, ma anche momenti di serenità sacrosanti. Sempre domani, alle 16, nel piazzale il vescovo Pierantonio Tremolada celebrerà la messa: «È un segno importante di vicinanza che apprezziamo molto», commenta il rappresentante sindacale Valter Zubani. La funzione sarà aperta ai familiari e ai cittadini.

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TIMKEN, SINDACI CON GLI OPERAI

I 106 dipendenti Timken sono in ferie fino al 20 agosto, una settimana aggiuntiva, secondo l’accordo fatto con l’azienda il 7 luglio, prima dell’annuncio di chiusura. Il 23 ci sarà un incontro fra l’azienda e i sindacati. «Intanto che siamo qui insieme ci si fa coraggio, si spartiscono le paure, si scherza, ma quando siamo a casa il pensiero del futuro è angosciante», afferma Giuditta. È di Sarezzo, ha cinquant’anni. «Ricominciare sarà difficile. Per fortuna mio marito è pensionato, un’entrata è sicura». Ilaria, invece, vive una situazione ben diversa. Anche il marito lavora alla Timken. «Ci siamo conosciuti qui in fabbrica», dice. Non è l’unico caso di coppia nata sotto il tetto di via Fiume Mella. A Ilaria mancano dieci anni alla pensione, al marito cinque. «Questa storia - racconta - ci ha uniti ancora di più. Ci sono momenti di grande amarezza, ma ci sosteniamo a vicenda, senza troppe parole, basta guardarci negli occhi. Ognuno è preoccupato per l’altro. Mio figlio capisce, ci aiuta a modo suo, si informa dai suoi amici se nelle officine dove lavorano c’è bisogno di qualcuno».

La fabbrica è una comunità, dove si coltivano anche i progetti per la vita privata. Nei giorni scorsi un collega di Ilaria si è sposato, oggi si celebra un altro matrimonio. «Una persona programma il suo futuro, fa il mutuo facendo conto sullo stipendio per mettere su casa e poi si trova senza lavoro all’improvviso», commenta un operaio. «Così, il giorno delle nozze assume un sapore amaro». Su un tavolo si gioca a briscola chiamata, accanto c’è un calciobalilla portato dai ragazzi dell’oratorio. In un angolo sale il fumo dalla graticola. Oggi cosce di pollo alla brace. I 106 dipendenti si alternano su tre turni. Di notte si guarda la televisione, si passa il tempo «parlando delle nostre amarezze, ci siamo sentiti usati e traditi dalla Timken», afferma Valter. Aggiunge Monica: «Ci facevano credere di essere considerati, invece non contiamo nulla, non siamo neppure numeri».

Dario è dipendente Timken da 16 anni. È entrato in ditta dopo il diploma di tecnico meccanico conseguito all’Ipsia di Gardone Vt. Sul polpaccio ha tatuato il logo delle Rondinelle. «Sono tifosissimo», conferma. «Guai a chi mi tocca il Brescia». Fidanzato, stava pensando di farsi una famiglia. L’incertezza attuale non accelera certo il progetto. «Volevo già andarmene dalla Timken, da tempo l’azienda non investiva più sulle competenze del personale. Io invece voglio crescere, migliorare». Magari scegliendo tempi e modi, senza la costrizione dovuta a un licenziamento. Fra i lavoratori della Timken, un mese dopo quella che definirono «una badilata in faccia», c’è ancora tanto scoramento sul passato e sul futuro. «Ci dicevano che eravamo la boutique del cuscinetto», ricorda Monica con ironia amara. Si guarda avanti, all’appuntamento del 23 agosto fra le parti. «Speriamo bene», dicono gli operai.

Nel cuore sognano la riapertura, ma nella mente sanno che sarebbe già un grande successo ottenere il contratto di solidarietà per 30 mesi. Domani saranno qui con i mariti, le mogli, i figli. Lo spiedo insieme e qualche ora di legittima leggerezza in cui mettere da parte i pensieri sul futuro. E poi la messa con il Vescovo. La Chiesa solidale con i lavoratori.

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