«Picchiato dal padre di un mio coetaneo»: 13enne in ospedale
Ha 13 anni e parla da un letto di ospedale. «Mi ha insultato e poi mi ha preso a calci e pugni anche quando ero a terra». Ha un occhio gonfio, dolori all’addome. E il femore rotto.
«Mi hanno messo il gesso che dovrò tenere per alcune settimane. Sono un po’ dolorante» ammette.
Il giovane racconta di essere stato vittima di un pestaggio avvenuto in pieno giorno. Al mattino poco prima delle otto. Ad aggredire il ragazzino non sarebbe stato però un coetaneo. «Ma il padre di un amico con il quale avevo litigato» dice il 13enne ricoverato agli Spedali civili da venerdì mattina. Siamo a Villa Carcina dove vive la famiglia del 13enne, nato a Brescia da genitori senegalesi. «Sono in Italia dal 1989 e non mi era mai accaduta una cosa del genere. Ora ho paura perché la prossima volta che fa, lo uccide?» si chiede Jallaow Mamadou, genitore che venerdì mattina ha visto il figlio - ne ha cinque - tornare a casa in lacrime e dolorante pochi minuti dopo essere uscito di casa per andare a scuola.
La vicenda è avvenuta a 50 metri dall’abitazione della famiglia e sulla strada che separa l’abitazione dalla scuola Olivelli di Villa Carcina. «Quando sono sceso in strada non c’era più nessuno» spiega il padre dell’adolescente che ha sporto denuncia ai carabinieri. «Una signora che passava ha visto la scena» aggiunge l’uomo, operaio in una fonderia del paese. Le indagini sono in corso e gli inquirenti stanno provando a ricostruire quanto davvero accaduto.
Le indagini. Un aspetto sicuro c’è ed è già stato appurato: il 13enne e l’adulto accusato si sono realmente trovati uno davanti all’altro. Il punto di vista dei due protagonisti però è differente. Il giovane parla di un pestaggio «con calci e pugni». L’adulto, bresciano residente in paese, ha confermato il faccia a faccia ai militari che lo hanno sentito ieri in caserma invece dice: «Volevo richiamarlo, si è spaventato ed è caduto da solo». Ma perché non fermarsi? Non aiutarlo? Non riaccompagnarlo a casa per parlare anche con i genitori? Non c’è risposta. Sul racconto dell’uomo i militari vogliono fare chiarezza anche alla luce dei referti medici che le forze dell’ordine stanno ottenendo dall’ospedale dove il 13enne è ricoverato. E che parlano di lesioni che, almeno all’apparenza, non sembrano del tutto compatibili con una caduta. L’adulto coinvolto in questa vicenda ha ammesso di aver incontrato il 13enne «perché volevo richiamarlo» e di a verlo atteso sotto casa sapendo che sarebbe andato a scuola a piedi da solo.
Il ragazzino sarà ascoltato nei prossimi giorni, mentre è in corso la verifica dell’eventuale presenza di telecamere in zona che possano aver ripreso quanto accaduto venerdì mattina. Dal racconto ai carabinieri fornito dalle due famiglie, emerge che i ragazzini avevano avuto a che dire tra loro. Sfottò e insulti reciproci. Lo confermano entrambe le parti in causa. «Avevo detto a mio figlio che dovevano prendere strade diverse così da smettere di litigare e lo ha ripetuto anche ai genitori del suo amico qualche tempo fa. Ora - aggiunge il padre della vittima - voglio sapere cosa è successo».
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