Ex Afim di Nave, doccia gelata: stop alla bonifica nonostante l’accordo

Una doccia gelata. Resa ancora più amara dalla sensazione di aver speso tanto tempo e tante energie per poi veder sfumare i risultati, quando questi - in particolare per l’rea ex Afim - sembravano ormai a portata di mano.
Così è stata accolta a Nave la sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittimo l’articolo della legge regionale del 2006 con cui la Lombardia aveva affidato ai Comuni i procedimenti di bonifica dei siti inquinati. La palla torna in sostanza al Pirellone, che dovrà farsi carico di tutte le pratiche - una settantina solo nel Bresciano - relative alle bonifiche.
Il Comune
«Solo tre giorni prima - spiega l’assessore all’Urbanistica Carlo Ramazzini - eravamo riusciti a trovare, dopo ben cinque anni, una linea di intervento che stava bene a tutti per proseguire con la bonifica dell’ex Afim». Al tavolo erano seduti rappresentanti del Comune, la proprietà dell’ex sito industriale di via Sorelle Minola, Arpa, la Provincia e il consulente che sta seguendo l’iter per conto del Municipio. La proprietà, tramite il suo professionista, aveva proposto alcuni interventi che hanno permesso di stabilire una linea verso la quale tutti si sono dichiarati favorevoli.
La variante al piano di bonifica sarebbe quindi dovuta approdare di lì a poco in Conferenza dei servizi per l’approvazione definitiva. Lo step successivo sarebbe stata la ripresa dell’operazione per pulire l’area e riconsegnarla a nuova vita. Operazione che, allo stato attuale, è giunta più o meno a metà: la proprietà ha già speso all’incirca 5 milioni ed è disposta a metterne sul piatto altrettanti per portarla a termine.
Critiche
«Già prima della sentenza della Corte costituzionale - ricorda Ramazzini - l’iter è stato una corsa a ostacoli, perché le norme cambiano in continuazione e non si fa in tempo a prendere una decisione che già occorre rivederla per adattarla ai nuovi provvedimenti: è una situazione paradossale, perché abbiamo una proprietà che è disponibile a rimediare ma che non riesce a farlo perché la normativa cambia in continuazione».
Ora che al Comune è stata anche tolta la facoltà di apporre la propria firma ai provvedimenti e di convocare le conferenze dei servizi, «la speranza è che l’interessamento della Camera dei Deputati possa cambiare il corso delle cose».
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