Valsabbia

Uccisero un capriolo: via le armi ai cacciatori

Inutile il ricorso al Tar da parte dei cinque cacciatori che avevano ucciso un capriolo
Un capriolo ucciso dai bracconieri
Un capriolo ucciso dai bracconieri
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Sono stati ritenuti «inaffidabili» dopo una battuta di caccia terminata con un bottino illegale. Per questo a cinque cacciatori bresciani la Prefettura aveva tolto il porto d'armi e ritirato i fucili. Decisione maturata e messa nero su bianco con decreto del 27 novembre scorso, dopo l'uccisone di un capriolo da parte del gruppo. A tutti i coinvolti era stato così «vietato di detenere armi, munizioni e ingiunta la cessione a terzi non conviventi».

Il gruppo presentando ricorso al Tar ha contestato la decisione della Prefettura sottolineando che le violazioni sono ritenute infrazioni amministrative sono già punite con la sospensione della licenza di porto d'armi. «Non è quindi possibile applicare una sanzione inibitoria più grave come il divieto di detenzione di armi» hanno scritto gli avvocati Valentina Mombelli e Mattia Guarneri che hanno dovuto però incassare il rigetto del ricorso del Tar che ha mantenuto inalterata la misura cautelare del divieto di possedere armi.

«Non vi sono elementi che inducano a ritenere erroneo o sviato il giudizio di inaffidabilità» scrivono i magistrati di via Zima nell’ordinanza depositata nelle scorse ore. «L'uso delle armi per l'esercizio della caccia, come per altri scopi leciti - si legge nell’atto - richiede un elevato senso di responsabilità, da dimostrare attraverso la scrupolosa osservanza dei limiti e dei divieti posti dalla legge e dalle autorità. La serie di violazioni rilevate dalla Polizia Provinciale consente alla Prefettura di presumere l'assenza di tale requisito». Cosi i cinque cacciatori restano senza fucili.

 

 

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