Valsabbia

Il murale ora racconta anche in inglese il no agli imperialismi

Sette studentesse della Cattolica hanno analizzato l'opera di Lavenone per realizzare poi opuscoli divulgativi
L’opera è ben visibile da chi risale la Valle lungo la 237 del Caffaro - Foto © www.giornaledibrescia.it
L’opera è ben visibile da chi risale la Valle lungo la 237 del Caffaro - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Vengono definiti «patrimonio dissonante» e sono tutti quei beni culturali prodotti in periodi drammatici della storia, influenzati da ideologie e concezioni etiche in contrasto con quelle attuali. Un esempio è quella scritta «Noi sogniamo l’Italia romana», che campeggia sulla parete di una casa, ben visibile da chiunque, attraversando il centro di Lavenone, risalga la Valle Sabbia lungo la 237 del Caffaro.

Un murale che prima è diventato oggetto di studio per sette studentesse del corso in «Politiche del turismo e legislazione per il territorio» dell’Università Cattolica di Brescia: Silvia Amodio, Sofia Bandera, Sara Bianchetti, Arianna Capasso, Carola Marsili, Lorenza Giovanna Rovati e Deborah Spalenza. Poi l’occasione per provare a valorizzare ulteriormente a fini turistici il piccolo borgo valsabbino.

«Partendo dal filone di studi sul patrimonio dissonante - ha spiegato la professoressa Maria Paola Pasini, docente del corso con il professor Stefano Karadjov (direttore di Brescia Musei) - abbiamo studiato il murale di Lavenone, con l’obiettivo di evidenziare come nel 1982, su iniziativa del sindaco di allora a capo di una Giunta di sinistra, venne conservata la scritta fascista ma reinterpretata con un nuovo dipinto con l’intento di darle un nuovo significato democratico». «Un progetto questo - ha precisato la Pasini - che rientra tra gli obiettivi di apertura e collaborazione della Cattolica con il territorio».

Dopo il lavoro di ricerca, le studentesse hanno realizzato, in collaborazione col Comune di Lavenone, un flyer cartaceo, ma anche un progetto di comunicazione digitale sui social media, in particolare su Instagram e su Facebook, che sarà sviluppato nelle prossime settimane.

Tornado alla scritta e alla sua «rivisitazione», come c’è scritto sull’opuscolo: «L’idea venne realizzata per mano di due artisti Adriano Grasso Caprioli e Giovanni Biavini, che incorniciarono la scritta originale in un murale in stile futurista, che venne inaugurato nella ricorrenza del 25 aprile del 1982. Nel murale possiamo osservare diversi elementi significativi».

Come spiega la professoressa, «in basso a sinistra troviamo un’aquila, ferita a morte, a simboleggiare la fine degli imperialismi. In basso a destra, invece, troviamo un fascio littorio a pezzi che rappresenta la fine dell’imperialismo nazi-fascista. Il fungo atomico occupa la scena centrale. Vuole rappresentare - conclude la docente - l’autodistruzione dell’umanità se si seguirà ancora la strada distruttrice degli imperialismi». L’opuscolo è stato stampato in mille copie in italiano e altrettante in inglese.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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