Valcamonica

Appalti truccati a Malonno: «Ora gli spacchiamo le gambe»

Per gli inquirenti l'ex sindaco Gelmi era al centro di un sistema di corruzione e di gestione degli appalti. E chi non ci stava rischiava grosso
Il Palazzo di giustizia, a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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«Il sistema di cordate delineato nell’ambito delle tre procedure di appalto esaminate risulta diffuso e condiviso tra tutti gli imprenditori ed amministratori operanti nel contesto della Centrale Unica di Committenza oggetto di indagine» scrive il gip Cesare Bonamartini nell'ordinanza di custodia cautelare con cui è stato messo in carcere l'ex sindaco di Malonno, Stefano Gelmi, e sono finiti ai domiciliari gli imprenditori Remo Fona, Rocco Mastaglia e Andrea Cattaneo oltre a Gianpaolo Albertoni e Morena Piloni, dipendenti pubblici in servizio alla Centrale Unica di Committenza della Unione delle Alpi Orobie Bresciane, responsabile del procedura di gara per opere pubbliche in una serie di comuni della Vallecamonica.

La conferma delle ipotesi degli inquirenti, sviluppate nel corso delle indagini, va ritrovata nelle parole del sindaco Gelmi quando in auto, non sapendo di essere intercettato, sulla modalità di assegnazione degli appalti dice: «Uno spettava a Rocco, uno spettava a Remo e l’altro spettava a Cattaneo. Punto e basta». Per il Gip, «Gelmi risulta regista delle diverse operazioni collusive con gli aggiudicatari dei lavori pubblici e manifesta nella gestione della "res publica" una disinvoltura che trasmoda nel totale disprezzo per le garanzie di imparzialità imposte dalla legge».

Le dimissioni dalla carica di primo cittadino, ufficializzate a novembre scorso, non avrebbero fermato l’attività illecita. Socio in uno studio tecnico Gelmi «anche nella propria veste di geometra può proseguire nell’opera spartitoria degli appalti tra le imprese operanti nella zona». Da qui il rischio di reiterazione del reato e quindi l’arresto in carcere.

Contro l’imprenditore che ha fatto saltare il banco il primo cittadino del paese camuno avrebbe ventilato l’ipotesi di assoldare due picchiatori: «Do duemila euro a quattro albanesi per prenderlo tra il chiaro e lo scuro e spaccargli le gambe, bastardo».

Agli atti dell’inchiesta che fa tremare la Vallecamonica ci sono poi le ammissioni di alcuni imprenditori che hanno fatto parte della cordata o che hanno avuto contatti. C’è chi ha spiegato di aver ricevuto 4mila euro per simulare partecipaizone alle gare d’appalto presentando offerte già concordate e chi ha svelato il trucco della lampada. «Un faro giallo che fa praticamente leggere tutto...» è una dichiarazione nel fasciolo di inchiesta. Si tratta di una lampada a led marca Zeca, di colore nero-giallo, alta 30 centimetri, utilizzata anche dal sindaco per vedere il contenuto delle buste sigillate. I carabinieri l’hanno sequestrata a casa di Andrea Cattaneo, uno degli imprenditori finiti ai domiciliari.

 

 

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