Perché a un certo punto dell’anno ci preoccupiamo dei rospi che attraversano la strada

C’è un periodo dell’anno, quello a cavallo tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, in cui i rospi si mettono ad attraversare le strade. Lo fanno nel loro periodo di migrazione verso stagni, laghi o pozze d’acqua, dove vanno a riprodursi, spesso mettendo in pericolo la loro vita.
Sono animali che passano inosservati per buona parte dell’anno, anche se in realtà si tratta di straordinari indicatori ambientali, sensibilissimi all’inquinamento, dunque meriterebbero ben più attenzione. Inoltre, sono pure preziosi perché divorano insetti che si nutrono (e provocano la morte) di piante e alberi.
C’è una specie, nel Bresciano in particolare, che attira l’attenzione di guardie ecologiche e volontari: i rospi Bufo bufo.
Il rospo Bufo bufo
Il rospo comune europeo, il Bufo bufo, è protetto dalla convenzione di Berna per la salvaguardia della fauna minore e la sua sopravvivenza è minacciata soprattutto dalla perdita del suo habitat e dal cambiamento climatico. È un animale poco appariscente che resta nascosto durante il giorno e si attiva al crepuscolo quando, con i tipici saltelli che caratterizzano il suo procedere lento, va a caccia di cibo: insetti, lumache (senza guscio), lombrichi, invertebrati e, a volte, piccoli topi.
Il suo nemico è la biscia d'acqua e quando la incontra (vale anche se avverte altri pericoli) si gonfia mettendosi a quattro zampe per incutere timore. Per difendersi può anche secernere dalle ghiandole sopra gli occhi la bufalina, una sostanza tossica che per noi umani non è particolarmente pericolosa.
Il Bufo bufo preferisce la terra all'acqua, della quale ha bisogno solo nel periodo riproduttivo. Per il resto dell’anno ama stare in luoghi umidi e, durante il giorno, si nasconde per restare idratato. È un animale prevalentemente solitario, tranne quando i maschi competono tra loro per le femmine con cui accoppiarsi.
Anfibi da record
I Bufo bufo, che sono gli anfibi più grandi d’Europa, sono parecchio vulnerabili proprio perché, per raggiungere l’acqua, attraversano le strade con il loro incedere lento e saltellante. Sono detentori di un triste primato a livello continentale: hanno il più alto tasso di mortalità per incidenti stradali tra gli anfibi. Sono molti i Paesi - tra cui Germania, Belgio, Gran Bretagna e Polonia - che hanno costruito tunnel o barriere speciali affinché i rospi possano attraversare in sicurezza; anche nel Bresciano ne sono stati installati diversi. Là dove non è stato possibile, intervengono dei volontari che trasportano gli anfibi oltre i punti di attraversamento.
Come si riproducono
Al crepuscolo, se la temperatura supera i 5 gradi, i Bufo bufo escono dal loro nascondiglio e si mettono in viaggio. Possono procedere verso l’acqua fino all’alba, ma se la notte si fa più fredda si fermano immediatamente. Questo vuol dire che ogni luogo ha «una sua migrazione» che è influenzata dalle condizioni meteorologiche. Il compito dei volontari, dunque, è molto complicato e prevede controlli costanti.
«A Gavardo - ci spiega Claudia Mora, guardia ecologica volontaria e referente del Progetto rospi della Valsabbia - la migrazione quest’anno era già terminata a metà marzo, mentre a Idro è partita il 19 e terminerà, indicativamente, a fine aprile». I maschi si aggrappano alle ascelle delle femmine, più grandi di loro, utilizzando degli speciali calli sulle zampe anteriori. A questo punto si fanno trasportare fino in acqua dove avviene l’accoppiamento. La femmina, che può essere approcciata da diversi maschi tanto da restarne soffocata, depone in acqua circa 10mila uova in un cordone gelatinoso che vengono poi fecondate dal maschio. Dopo la deposizione gli adulti ritornano tra i boschi, un viaggio non meno rischioso della discesa. Dalle uova, poi, nasceranno i girini, di colore nero. Quanto velocemente cresceranno dipenderà dalla temperatura dell’acqua.
I progetti nel Bresciano

In Valsabbia da circa 40 anni i volontari lavorano per salvare questi anfibi. Attualmente sono cinque i progetti attivi per salvaguardarli: a Idro, a Barghe, al Laghetto di Bongi a Mura, a Serle e a Gavardo. Sono un centinaio i volontari attivi, ma chiunque può unirsi. «Siamo sempre alla ricerca di supporto - dice Claudia Mora rivolgendo un appello a tutti coloro che hanno a cuore la natura e gli animali -. L’impegno è per tre, quattro ore la sera, fino alle 23.30 circa». Si lavora in turni per controllare la strada e si richiede ogni sera la presenza di almeno quattro volontari, ma nel fine settimana si arriva anche a 8 persone. Sorvegliata con particolare attenzione è la sponda est del lago d’Idro, da Crone a Vesta.
Per quanto riguarda il lago d’Iseo, invece, il lavoro di salvaguardia dei rospi durante la migrazione è partito nel 2012. L’ultima colonia rimasta sulla sponda bresciana del Sebino vive sul Monte Alto e scende verso il Sebino, ogni primavera, attraversando la provinciale 12 tra Clusane e Paratico.
Come operano i volontari
Il kit dei volontari è semplice: secchio, torcia e guanti. I rospi vengono raccolti, messi nei secchi e poi portati oltre l’attraversamento pericoloso. Per proteggere i rospi i volontari indossano i guanti: «Le mani secche o idratate con le creme - spiega Mora - possono danneggiare la pelle degli animali». Un danno assolutamente da evitare, visto che i rospi respirano proprio con la pelle.
Il turno comincia al crepuscolo e dura fino alle 23.30, non perché a quell’ora i rospi si fermino, ma perché a quell’ora il passaggio delle auto è ridottissimo e limitato ai residenti, abituati al passaggio degli anfibi. Tra chi sceglie di dedicare del tempo per salvare dall’investimento gli anfibi ci sono anche i bambini: «Abbiamo una guida ambientale escursionistica - sottolinea Claudia Mora - che, gratuitamente, accompagna le famiglie alla scoperta di questi straordinari animali». Tre ore di «corso», tra conoscenza e salvataggio.
Ma cosa spinge una persona a scendere in strada, la sera, magari dopo il lavoro, a salvare rospi? Nel caso di Claudia Mora è stato l’esempio del padre Eliseo: «Sono figlia d’arte - racconta -, anche lui è una Guardia ecologica volontaria e così andiamo insieme a montare le barriere mobili per creare i percorsi protetti». «Si diventa volontari - ci racconta Paolo Baldi - per proteggere questi animali preziosissimi e in via d’estinzione. Un tempo erano molto diffusi, oggi alcune colonie sono state completamente azzerate. Si pensi - aggiunge - che il 70% degli anfibi mondiali è in pericolo. Sono fondamentali per l’equilibrio ecologico, predatori e fonte di cibo, un anello importantissimo ma debole». E aggiunge: «Ad alcuni fanno ribrezzo, ma hanno caratteristiche che li rendono bellissimi se li si sa osservare bene».
I numeri nella nostra provincia
La popolazione dei rospi bresciani conta diverse migliaia di esemplari. A Gavardo quest’anno ne sono stati spostati 6mila e a Idro, nella scorsa stagione, nei secchi dei volontari ne sono stati messi in salvo 15mila, senza contare quelli che sono arrivati alla meta utilizzando i sottopassi e seguendo i percorsi obbligati delle barriere.
A questo punto qualcuno potrebbe anche domandarsi, alla luce di questi numeri e del grande numero di uova deposte da una femmina in ogni stagione, a cosa serva l’intervento degli uomini per salvare i rospi? È presto detto, e con i dati. La morte su strada riduce la popolazione e il successo riproduttivo, lo dimostra - come riporta una relazione del Progetto Bufo bufo del Basso Sebino del 2014 redatta dal Servizio di Vigilanza ecologica della Comunità Montana e dall’Associazione Monte Alto di Corte Franca - l’esperienza di un sito inglese tra gli anni ’50 e ’60. «Da una popolazione di 500 rospi si è giunti all’estinzione nel giro di 10 anni proprio a causa del traffico veicolare - si legge -. Altro caso verificatosi in Svizzera: nel 1988 un sito contava 2.000 individui di rospo e a causa del traffico veicolare, nel 1991 erano scesi a 500 per estinguersi negli anni immediatamente a venire».

«La maggior parte delle specie nel Bresciano - aggiunge il volontario Paolo Baldi - sono sull’orlo dell’estinzione. Quando è cominciato il nostro lavoro in Valsabbia spostavamo 3-4mila rospi a stagione, oggi arriviamo a 15mila solo perché li proteggiamo. Laddove non è stato fatto questo lavoro le colonie si sono estinte». È il caso del Sebino bresciano dove è rimasta solo una colonia, quella del Monte Alto, che i volontari, non a caso, hanno ribattezzato «la più importante di tutta la provincia».
Tutto il versante sarebbe adatto a ospitare questi animali - e un tempo ce n’erano a migliaia - ma le auto, la strada, gli steccati, i muri e il cambiamento climatico li hanno ridotti fino a farli scomparire. Dal 2012 è partito un progetto di tutela che nei primi anni ha dato grandissime soddisfazioni. Lo spostamento degli animali dalla sp 12 tra Clusane e Paratico, in soli tre anni, ha portato ad un incremento della popolazione del 67%: 456 animali salvati durante la discesa nel 2012, 562 nel 2013 e 704 nel 2014. Nel 2015, poi, sono stati spostati 1.254 Bufo bufo, 861 l’anno successivo, una flessione dovuta all’urbanizzazione dell’area di passaggio.
E ancora: nel 2019 sono poi stati registrati 1.301 esemplari contro i 2.621 del 2018, un numero influenzato, probabilmente, dalla primavera secca e poi fredda. Nel 2019, durante i lavori per la rotonda d’accesso al villaggio turistico Costa verde, sono stati posati due tubi da 80 centimetri per agevolare la migrazione: «Una struttura che non è ancora utilizzata a pieno dai Bufo bufo - dice Giuseppe Nalli, coordinatore Gev della Comunità Montana del Sebino Bresciano - perché è un percorso nuovo. Questi animali, infatti, hanno parecchia memoria e continuano negli anni a percorrere le stesse strade. Saranno quindi i nuovi esemplari a percorrerla e a trasmetterne memoria».
A conferma che il traffico incide pesantemente sulla popolazione della colonia sono i numeri del 2020-2021, annate caratterizzate dal lockdown e dal coprifuoco: 1.761 i rospi salvati nel 2020 e 3.762 nel 2021. Un record per gli ultimi dieci anni, con una percentuale di crescita del 113%. Nel 2022 si è passati a 3.553 e nel 2023 a 3.923.
«A incidere molto sull’andamento della popolazione - spiega Nalli - è anche il clima, in particolare le piogge. Quest’anno, infatti, a febbraio in 20 giorni sono scesi dal monte il 90% dei rospi». I Bufo bufo, però, non sono diffusi solo in Valsabbia e sul Sebino: i volontari sono in campo anche alla pozza della Cocca, sul confine tra Nave e Lumezzane, dove nel 2023 sono stati salvati 638 rospi.
Non solo Bufo bufo
Fortissimo l’impegno per salvaguardare non solo i rospi, ma anche altri anfibi «specie per le quali c’è poca affezione e attenzione». «Finita la stagione dei Bufo bufo - spiega Mora -, a Gavardo stiamo tenendo monitorata la situazione del rospo smeraldino, ma non abbiamo dati storici perché è il primo anno di sperimentazione». «A Gavardo - aggiunge Baldi - c’è ricchezza di anfibi: oltre al rospo comune vivono qui anche lo smeraldino, la rana dalmatina e il tritone crestato. A Idro troviamo salamandre, oltre a rospi e alla dalmatina che sono presenti pure a Mura e Barghe».
Le Gev del Sebino, poi, si occupano anche di un progetto anfibi sul Monte Guglielmo in collaborazione con il Museo di scienze naturali di Brescia: qui vengono censite le rane comuni (si trova anche qualche Bufo bufo), salamandre e tritoni crestati. Le Gev sono anche state contattate per partecipare a un progetto, ancora in fase embrionale, sulla reintroduzione della piccola Bombina variegata (nota anche come ululone dal ventre giallo). Prima di portare gli animali sul Guglielmo, però, si stanno censendo pozze naturali e artificiali (quelle che vengono utilizzate per l’abbeveraggio dei bovini) per poi, eventualmente, sistemarle. Solo allora si saprà se il monte sarà adatto o meno a ospitare questa rana ormai rara.
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