Pétanque, l’appuntamento in piazza con le bocce d’acciaio
Chissà cosa avrebbe detto il principe austriaco Schwarzenberg che il 22 marzo 1848 in palazzo Cigola di piazza Tebaldo Brusato, dove si trovava per firmare la capitolazione degli austriaci che le Dieci giornate avevano mandato a... baita, se – affacciandosi alle finestre dell’austero palazzo – avesse visto i bresciani giocare alla pétanque, le bocce francesi. Il ricordo della vittoria di Napoleone ad Austerlitz non era lontano, solo trent’anni prima, e il risentimento del principe verso i francesi restava anche nelle abitudini.
In piazza Tebaldo Brusato – martedì e giovedì sera – da qualche mese c’è qualcosa di nuovo che sta crescendo: sono le bocce francesi, passatempo-sport diffusissimo in Francia dove è giocato da 400mila appassionati, che un gruppo di bresciani aggregato un poco per caso, un poco per passione ed un poco perché prima o poi il più bravo salterà fuori, coltiva da alcuni mesi sperando di fare tendenza.
Le regole
Anche perché se non si compra un set di bocce griffate (2.900 euro in internet), con cinquanta euro te la cavi e giocare non costa niente, stai all’aria aperta in compagnia e le serate spesso finiscono o con un bicchiere di rosso che stempera le discussioni «questa è mia e questa è tua» – portando come «arbitro» sul terreno di gioco il flessometro – oppure con le gambe sotto il tavolo in trattorie bresciane.

Le regole di questo gioco di origini provenzali sono semplici: vietato uscire dal cerchio di tiro (35 cm di diametro) da cui si lancia una delle tre pétanque a piedi immobili quindi niente slancio di corsa; fa punto chi si avvicina di più al «boccino» colorato; per lanciare la boccia 45 secondi di shot clock; vince chi fa tredici punti. Nulla a che vedere con il ragionier Filini e Fantozzi nel film «Il ritorno».

La passione genuina in piazza regna e chissà non si allarghi: ciascuno dei giocatori porta o un pezzo di focaccia o una bottiglia di rosso (non si sa per se per brindare al vincitore o per attenuare i dispiaceri subiti dagli avversari), le foglie dei castagni (quando ci sono) sul campo di gioco (15x4 metri) vengono spazzate dal volonteroso che arriva per primo, il diametro delle bocce oggi in acciaio e un tempo di legno deve essere tra 7,05 e 8 centimetri, si gioca individualmente o a squadre di tre, e la cultura woke si è già presa il suo spazio con la presenza di alcune signore che partecipano alle partite nella piazza che Beppe Marrelli, architetto – anch’egli giocatore – aveva ridisegnato sotto la giunta di Paolo Corsini.
Appassionati

Sono passati parecchi anni, ma il progettista, immaginando nel gioco delle bocce francesi uno dei possibili utilizzi della piazza, aveva visto lontano se Marco e Nicola, due fratelli imprenditori edili; Marcello broker assicurativo; Gianni immobiliarista; Carlo e Claudio impresari; Diego commercialista; Davide imprenditore nel supply office; Roberto nome storico della gelateria bresciana; un altro Roberto manager e Martino che due sere la settimana scendono in piazza per rimuovere un pezzo di quella società incerta ai cui componenti, quando hanno finito il lavoro, non rimane che un buon pirlo.
I campioni
Giovedì, ma non c’era molta luce, il cronista di campioni come il francese Etrille detto «l’imbattibile» non ne ha incontrati ed è forse anche per questo che successivamente è stato ospite dei bresciani appassionati di pétanque il campione senegalese Babacar per un incontro di approfondimento della tecnica. La pétanque è ricca di storie, ma la storia più bella è stata la capacità di questo gioco di riempire strade e dove si socializza, si chiacchiera, ci si burla uno dell’altro e – forse – si attenua un poco di quella rabbia sommersa che spesso inzuppa la nostra società liquida. Che non va più in piazza.
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