Nicola Drago: «Lavorare per fornire un esempio a chi verrà dopo di noi»

A Smart Future Brescia 24 il 3, 4 e 5 ottobre atteso anche l’intervento del ceo di De Agostini Editore
Nicola Drago - © www.giornaledibrescia.it
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Ci sono tanti punti di vista dai quali guardare il proprio lavoro. Può essere un mero mezzo di sostentamento, uno strumento di realizzazione personale, un modo per provare, anche solo in piccola parte, a cambiare il mondo. Quando si incontra Nicola Drago, amministratore delegato di De Agostini Editore, holding delle divisioni Collezionabile e Libri del gruppo italiano, è un po’ come guardare all’interno di un caleidoscopio.

Nelle parole del manager classe ’78, speaker nel corso di Smart Future Brescia 24 in programma dal 3 al 5 ottobre tra PalaLeonessa e Brixia Forum, si possono infatti cogliere sì la passione ma pure il dovere, l’equilibrio ma anche la voglia di rompere gli schemi, l’orgoglio per ciò che si è fatto e per l’esempio che tramite i risultati si può tramandare alle nuove generazioni.

Anche per questo ha deciso di raccontarsi ai giovani di Smart Future?

«Certamente. Ho avuto la fortuna di aver avuto tante persone che mi hanno ispirato fin da ragazzo e ne ho fatto tesoro. Voglio restituire parte di questo privilegio».

Il lavoro che sta svolgendo è quello che sognava?

«In realtà no: il mio desiderio era fare qualcosa di avventuroso, tipo l’esploratore. Essere imprenditore è una cosa che è cresciuta in me con il tempo. Però ho sempre sognato di fare al meglio qualsiasi mestiere e che questo potesse impattare positivamente su molte persone. In ciò sono riuscito e mi ha dato molta gratificazione».

Qual è stata l’esperienza chiave nella sua vita che l’ha spinta a intraprendere il suo percorso professionale?

«Un paio di anni fa ho capito che stavo riuscendo a salvare e rilanciare l’azienda di famiglia, la De Agostini Editore, che allora perdeva 100mila euro al giorno. Mi sono reso conto che con passione, metodo ed esperienza si può intervenire su tutto. Così ho pensato che parte di questa mentalità si potesse applicare al nostro Paese e così ho fondato ioCambio. Si tratta di un movimento civico volto a modernizzare l’Italia e renderla più giusta, partendo dalle riforme istituzionali».

Ha incontrato ostacoli lungo il suo cammino?

«Certamente. In azienda però, più che un singolo ostacolo, c’erano un’inerzia e una resistenza al cambiamento che rendevano tutto difficile. Determinazione, metodo, costanza e un po’ di incoscienza mi hanno permesso di superarli. Chi la dura la vince, sempre».

Chi ha avuto il maggiore impatto sulla sua carriera?

«Come imprenditore sicuramente mio padre Marco. Ha preso una piccola azienda editoriale italiana, l’ha resa internazionale e poi, quando ha capito che internet con la banalizzazione dei contenuti ci avrebbe messo sotto pressione, ha deciso con coraggio di diversificare con risultati incredibili. Sul piano dell’impegno civico e politico il mio maestro è invece stato Giovanni Guzzetta, costituzionalista indipendente e coraggioso che mi ha insegnato che lo status quo, e con esso la Costituzione, possono essere messi in discussione per migliorare la vita delle persone. E poi senza l’equilibrio e gli insegnamenti di mia moglie Camilla in termini di libertà, indipendenza di pensiero e pragmaticità non sarei andato lontano».

Un momento in cui hai pensato di abbandonare il suo lavoro?

«Prima di cominciare a lavorare sul serio a 23 anni volevo cambiare vita e fare l’insegnante di windsurf. Meno male è durata solo 15 giorni. Va bene seguire le passioni ma nel lavoro bisogna essere bravi, un minimo unici e trovare anche qualcosa che ci dia da mangiare. Non credo al detto "fai solo quello che ti piace", si rischia di rimanere bamboccioni».

Come combina vita professionale e personale?

«I miei consigli sono pragmatico: dedicare più tempo a quello che ti rende felice, compatibilmente con il contribuire correttamente al tenore di vita della tua famiglia. Inoltre spingere tanto professionalmente nei primi anni di carriera per arrivare ad una posizione e uno stipendio che ti permettano di vivere bene. Per il resto investire più che si può sugli affetti, la cosa più preziosa. I soldi sono un mezzo, mai un fine».

Cosa la motiva a continuare a mettersi in gioco?

«Mi dà grande soddisfazione aggiustare una cosa e restituirla meglio di come l’ho ricevuta, vale per un’azienda come per una comunità o per il Paese. E poi dare l’esempio di impegno, fatica e sacrificio alle mie figlie».

Quali sono le lezioni più importanti che ha imparato?

«Che senza fatica costante non si ottiene nulla di buono, tanto meno gratificazione. Non esistono idee "fighe" che da sole hanno successo. Queste valgono il 10%, il 90% è lavoro ed esecuzione».

Che ruolo hanno giocato i fallimenti nella sua carriera?

«In Italia il concetto di fallimento è legato a vergogna, quasi umiliazione. Invece andrebbe visto come tentativo, come un laboratorio dove si sperimenta. Personalmente di fallimenti ne ho avuti parecchi ma ne ho fatto tesoro».

Quale messaggio spera di trasmettere ai ragazzi?

«Ai giovani dico di prendere dei rischi, di lavorare con intensità e metodo su un progetto. E se non va in porto è comunque un’esperienza preziosa. Inoltre è importante trovare mentori o persone a cui chiedere consigli».

Quali sono i suoi progetti futuri?

«Con ioCambio voglio dare una mano a cambiare la governance del Paese, a renderlo più stabile attraverso le riforme istituzionali e quindi a modernizzarlo. Ai giovani dico sentite quello che vi appassiona e poi capite se ci potete costruire una carriera in cui voi possiate in qualche modo fare la differenza».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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