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Lo splendore negli occhi dei bambini, ricordando Federico Corallini

Vincenzo Cito
Scomparso a soli 29 anni, il rugbista ha lasciato qualcosa dentro tutti i suoi amici. Che gli hanno dedicato un torneo
Federico Corallini - © www.giornaledibrescia.it
Federico Corallini - © www.giornaledibrescia.it
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Dove trovare lo splendore del Corallo? Nello sguardo impertinente di un bambino, nel suo modo di comportarsi con gli altri, nella sfrontatezza con cui affronta gli avversari, nel coraggio e a volte nell’incoscienza con cui vorrebbe risolvere tutto da solo. Fanno così da anni gli ex compagni di squadra di Federico Corallini, scomparso a soli 29 anni nel 2016 nel pieno di una vita dedicata allo sport e agli altri.

Impossibile dimenticarlo e così ogni anno il Fiumicello rugby, dove il giovane ha cominciato a giocare, invita i suoi piccoli praticanti a confrontarsi con quelli di altri club bresciani in un fine settimana tutto dedicato alla palla ovale.

Non c’è una classifica finale, non vengono premiati i più forti, ma quelli più vicini alle qualità umane e tecniche di «Corallo», come lo chiamavano tutti, che si era fatto apprezzare anche lontano dai campi di gioco. Specializzato in etnografia psichiatrica, che si occupa di studiare le sindromi tenendo conto del contesto culturale e del gruppo di appartenenza del paziente, nella comunità «K pax» si occupava del reinserimento dei richiedenti asilo. Fra i suoi progetti c’era anche quello di entrare nell’organizzazione «Medici senza frontiere», tra i tanti portati a termine la partecipazione a un rally automobilistico in Cambogia alla guida di un’autombulanza: poi la lasciò lì, dove era più utile, e se ne tornò in Italia con mezzi di fortuna.

Unico

Federico era fatto così, imprevedibile nella sua generosità. Chiunque ha molto da raccontarti su di lui e lo fa con entusiasmo non disgiunto dalla commozione. Ma questa è soprattutto una festa, c’è anche chi ricorda gli aspetti più personali e per certi versi divertenti del suo carattere. «Era capace di metterti in crisi con le sue provocazioni – dice uno dei tanti amici presenti al campo – costringendoti a ridisegnare la tua scala di valori».

L’insegnamento lasciato? «Che bisogna difendere con convinzione ciò in cui si crede e coltivare le proprie passioni a costo di sacrifici». E in campo come era? «Ha sempre rifiutato i gradi di capitano – sorride un altro – aveva un bel caratterino e non voleva avere niente a che fare con gli arbitri». E come compagno di squadra? «A volte tendeva a strafare e si beccava qualche rimprovero dagli allenatori. Non lo faceva per mettersi in mostra, era un tentativo di risolvere la situazione da solo».

In campo

Intanto sono cominciate le partite e gli amici di Corallo vanno nei campi a cercare chi fra quei ragazzi più merita il trofeo. E allora scelgono Blessy (under 12 dei Bresciani) per l’attitudine al contatto, i placcaggi e la capacità di recuperare palloni e poi Ares (under 8 del Desenzano) e Aaron (under 10 dello stesso Fiumicello) perché pur di stazza piccola rispetto a molti avversari dimostrano combattività, fiuto per la meta e capacità di conquista del pallone. E in Filippo (under 6 del Fiumicello) apprezzano la conoscenza del gioco e doti da leader nonostante la giovanissima età.

Il trofeo, per gli amici di Corallo, è solo una delle tante occasioni di incontro: assieme agli ex studenti universitari e colleghi di Federico, ogni 11 luglio (giorno della sua scomparsa) e ogni 28 dicembre (giorno del compleanno) si ritrovano nella Vallecamonica tanto amata da Corallini per stare assieme e camminare nei suoi luoghi.

Non lo hanno scordato nemmeno nel suo luogo di lavoro perché ogni anno viene organizzata, in sua memoria, una giornata di studi («Periferie della cura») e «Corallo» ha lasciato tracce anche al liceo Calini, dove studiava: lì nel 2005 ha riformato la squadra scolastica di rugby e per questo, in occasione del centenario dell’istituto, gli è stata dedicata una palestra. Federico in campo era un trequarti. «Non era un’ala che aspettava la palla andava a prendersela per andare in meta». Ha fatto così anche con la vita, l’ha afferrata dandole un senso ogni giorno dell’esistenza: ecco perché ancora oggi è tanto amato. 

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