L’altra Maria: la vedova di Brescia che accompagnò il Milite ignoto

Maria Trivellini fu chiamata tra le madri d’Italia ad Aquileia e alla cerimonia del 1921 a Roma
Maria, con i figli, posa con la foto del marito defunto - © www.giornaledibrescia.it
Maria, con i figli, posa con la foto del marito defunto - © www.giornaledibrescia.it
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C’è anche un po’ di Brescia nella triste storia del Milite ignoto che riposa all’Altare della Patria. E non solo perché quel marmo tanto candido – che sollevò non poche polemiche all’epoca – viene da Botticino.

Di quel drammatico viaggio che accompagnò le spoglie del soldato scelto per riposare nel Vittoriano e rappresentare tutti i caduti per l’Italia (e durante la Prima guerra mondiale) fu testimone anche Maria Trivellini, sorella di Giuseppe, il portiere nato a Gottolengo che legò il suo nome a quello delle Rondinelle e della Nazionale italiana (c’era anche un altro fratello calciatore, il mediano Luigi, morto nel 1917 in una trincea del Monte Grappa).

Maria Trivellini, però, nei primi giorni di guerra perse anche il marito, Pietro Canesi, padre dei suoi due bambini e di quello che ancora doveva nascere, che porterà il nome del padre.

Il viaggio

A far riemergere dall’oblio della memoria questa storia di famiglia è il nipote Giancarlo Canesi, oggi 82enne:«Un giorno la nonna – ricorda – mi chiamò e mi disse che doveva raccontarmi una storia. Ero il nipote più grande e voleva che qualcuno sapesse. Nel 1921 venne chiamata dal Prefetto che le chiese se, in qualità di vedova di guerra, ma lei credeva anche in virtù del fratello famoso, avrebbe voluto partecipare alla cerimonia ad Aquileia per scegliere il militare senza nome che avrebbe dovuto riposare a Roma. E lei accettò».

Il convoglio con il feretro del Milite Ignoto: il viaggio durò cinque giorni con 120 fermate
Il convoglio con il feretro del Milite Ignoto: il viaggio durò cinque giorni con 120 fermate

A fine ottobre 1921 arrivò in Friuli e partecipò nella basilica di Aquileia alla messa solenne nel gruppo di madri e vedove di guerra. Da qui quattro decorati con le medaglie d’oro ne chiamarono una, Maria Bergamas, che dovette scegliere la bara, tra undici, che avrebbe riposato a Roma, sotto la scritta «Ignoto militi». «Un momento, raccontò la nonna – ricorda Canesi –, di grande commozione per tutti».

Il treno con a bordo quella bara viaggiò verso Roma a velocità ridotta in modo tale che tutti gli italiani, lungo la tratta ferroviaria, potessero rendergli omaggio. Ci mise quattro giorni ad arrivare nella Capitale. A bordo c’era anche la nostra Maria Trivellini che stette accanto a quell’altra Maria passata alla storia.

«Fu un viaggio anche fisicamente molto duro» aggiunge Canesi. La bara fu adagiata nel sarcofago dell’Altare della Patria il 4 novembre 1921, giorno dell’Unità nazionale e festa delle Forze Armate, alla presenza del Re. Ed è ancora lì.

La storia di Maria

La vita di Maria non fu certo facile: giovane vedova con tre figli piccoli fu molto aiutata dalla sua fede e dalla Chiesa che le trovarono un lavoro al santuario delle Grazie. La famiglia Trivellini, infatti, dopo il trasferimento dalla Bassa si stabilì in centro, nella Quadra di Sant’Alessandro, in città, e da sposata si spostò a San Nazaro.

Maria Trivellini con i tre figli maschi - © www.giornaledibrescia.it
Maria Trivellini con i tre figli maschi - © www.giornaledibrescia.it

Dal suo arrivo alle Grazie diventò madre di tanti altri ragazzi, che frequentavano il seminario, e due dei suoi figli, Agostino e Battista, divennero a loro volta sacerdoti.

Solo uno si sposò, quel Pietro che non conobbe il padre, ma che ne portò il nome. E Giancarlo, che ci ha raccontato questa storia perduta è suo figlio. «Non ho conosciuto nessuno dei miei nonni – dice l’anziano che è nato nel bel mezzo dell’altra guerra mondiale –, sono entrambi morti nel primo conflitto mondiale. Nonno Canesi – ricorda – veniva da Como ed era arrivato nel Bresciano perché era uno stampatore di stoffe di grande abilità».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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