La mania per i Labubu ha contagiato anche le signore di Brescia
Erano un fenomeno di nicchia, ora sono una tendenza globale. Si chiamano Labubu e li si scorge ormai su parecchie borse e zainetti (spesso di lusso). A fare più impressione non è però il loro aspetto (sono pupazzetti che ricordano dei mostriciattoli con denti e orecchie appuntiti): sono le lunghe code che nelle metropoli si stanno formando fuori dai negozi che li vendono. A Los Angeles centinaia di persone – sedie pieghevoli sotto il braccio e schiscette pronte – si sono messe in fila la notte prima dell’uscita di una nuova serie. A Milano dallo scorso luglio si formano giorno sì e giorno no code e piccole folle davanti alla vetrina dello store in corso Buenos Aires. E anche a Brescia ci sono due negozi che li vendono: Shoebuya in corso Cavour e Zneakerz in corso Magenta.

Dal minimalismo al massimalismo
Per capire l’attrattiva di questi pupazzetti-giocattolo bisogna fare un passo indietro e guardare alla salute del mercato del lusso e della moda. Il quiet luxury che per un paio d’anni è stato tra le tendenze più seguite (con l’ascesa di brand come Loro Piana, portati alla ribalta anche grazie a serie come «Succession») ha annoiato, complice anche la crisi del settore fashion. E così la gen Z – responsabile di molti trend e mode – è tornata in primo piano nel mercato della moda. Su TikTok si susseguono microtendenze a rotazione, ma alcune hanno la forza di diventare marcotendenze.
È il caso, ad esempio, della Birkinification e della chaotic customization, ovvero la pratica di personalizzare le borse di lusso con ciondoli, accessori e pupazzetti di minor valore per rendere le borse vissute e sciupate, dissacranti e dissacrate. Ribelli. Ed è il caso dei Labubu, che sono stati un po’ trainati proprio dalla chaotic customization. Dal minimalismo del lusso quieto si è infatti passati alla liberazione estrema dell’espressività personale. Dalla qualità discreta di Loro Piana al massimalismo di Alessandro Michele da Valentino. Dalla sobrietà di Jil Sander al barocco dell’ultima cruise collection di Gucci.
Qualcuno la vede come l’ultimo attrezzo che la moda ha dato in mano agli squattrinati e giovani consumatori, che non hanno denaro da spendere (se non nell’usato e nel vintage), ma che hanno voglia di esprimersi. E così ora va l’opulenza stratificata, il massimalismo ipercarico che sui vestiti e sugli accessori si traduce con la personalizzazione attraverso pupazzi e gadget. Che non sono meri ninnoli: sono l’intermediario ideale tra il consumo passivo e lo stilista.
Cosa sono
Tornando al pupazzetto in sé, i Labubu sono pupazzetti-mostro con orecchie a punta da coniglio, denti sporgenti, occhi furbi e aria maliziosa. Anche celebrità come Dua Lipa, Rihanna e Lisa del gruppo k-pop Blackpink sono loro fan e proprio le interviste o le foto che le immortalano con i Labubu contribuiscono al loro successo, insieme a TikTok.

Successo che è relativamente recente, sebbene i Labubu esistano da più tempo: nati nel 2015 dalla penna dell’artista hongkonghese Kasing Lung, sono personaggi della serie illustrata «The monsters», ispirata alla mitologia nordica. Nel 2019 Pop Mart ha acquisito i diritti per trasformarli in pupazzi da collezione. Il primo portachiavi è uscito nell’ottobre 2023, con il nome «Exciting macaron». Oggi ogni nuova uscita si esaurisce online in pochi minuti, con prezzi di listino attorno ai 30 dollari ma picchi molto più alti per le edizioni limitate.

Una delle chiavi del successo è la strategia del «blind box». Ogni acquisto è una sorpresa, un po’ come le figurine: chi compra non sa quale versione del pupazzo troverà. Questa strategia aumenta l’attenzione sui pupazzi e allo stesso tempo alimenta il mercato secondario, con la vendita indiretta di pezzi rari.
A Brescia
È il caso di Brescia, città che non ha un punto vendita Pop Mart – l’unico è quello già citato di Milano – ma che ha un paio di appoggi in città. Il più recente è in corso Cavour. Qui a fare reselling dei Labubu è Shoebuya, negozio specializzato nella ri-vendita di sneaker rare o in edizione limitata che di tanto in tanto punta anche su un altro tipo di oggettistica.

«Da due settimane vendiamo online e in negozio i Labubu – spiega il titolare Emanuele Ghirardotti – e già le vendite vanno benissimo. Ne abbiamo già rivenduti duecento». Rivenduti, appunto, perché Ghirardotti acquista i pezzi direttamente da Pop Mart prima che vadano soldout, alzando poi i prezzi (è così che funziona il reselling: propone pezzi rari o ricercati che non si trovano più altrove).
Ragazze e signore
La clientela è per il 70% in negozio, aggiunge. Il target? Ragazzine, ragazze, giovani donne, donne. Un po’ di tutto, quindi. «Ma soprattutto li vendiamo alle signore. Le ragazzine non hanno la possibilità economica, avendo alzato il prezzo per la ri-vendita, ma le donne che possono permetterseli non se li lasciano sfuggire. Li vogliono per le borse, gli zaini...». E poi ci sono anche alcuni ragazzi, ma in quel caso l’oggetto del desiderio non sono i Labubu classici. Piuttosto, quelli più piccoli da collezione, creati da Pop Mart in collaborazione con altre aziende. Per esempio One Piece o Coca Cola.

«I Labubu da collezione come quelli di One Piece non hanno il ciondolo, mentre gli altri si presentano proprio come charm – spiega Ghirardotti –. Ci sono seduti oppure in piedi e soprattutto ci sono diverse edizioni e serie. Gli ultimi lanciati sul mercato da Pop Mart sono i “Macaron” e gli “Into energy”, che rappresentano le emozioni in vari colori».
I Labubu vengono venduti singolarmente oppure in scatole, «box». Come già accennato, «non si sa mai cosa ci sia all’interno, solo la serie. Ogni serie ha circa sei, otto personaggi, ma c’è anche la possibilità di trovare quello misterioso, che è un’edizione ancora più speciale. Le probabilità sono una su 72. Per One Piece una su 144».
Alle vip piacciono gli Zimomo
In città i piccoli elfi con denti aguzzi fanno capolino anche da un’altra vetrina: quella di Zneakerz in corso Magenta, che li rivende già da un paio di mesi. «Siamo sempre sintonizzati sui trend che contano, dalle sneakers alla moda – dice Demian Savoldi, titolare con Andrea Redaelli –. Guardiamo cosa succede nel mondo e lo portiamo dritto a Brescia. Come diciamo sempre: i Labubu non si comprano, si scelgono. E loro scelgono voi». La frase si riferisce di nuovo all’acquisto alla cieca, dato che i Labubu escono dalle scatole a sorpresa.
Anche Redaelli e Savoldi confermano: buona parte della clientela è rappresentata dalle signore bresciane. «A loro piacciono soprattutto gli Zimomo, che sono la versione gigante dei Labubu. Se quelli piccoli sono tutti di genere femminile, questi sono maschi e si presentano in due versioni: marrone e bianco». In questo caso, sono le «vip» le acquirenti più appassionate. E in generale la passione è proprio ciò che contraddistingue chi cerca i Labubu: «Abbiamo clienti che ne hanno già cinque, altre addirittura dieci».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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