Iuschra ha compiuto dodici anni: lo strazio dei genitori

Il padre della bambina scomparsa a Serle: «Non riesco a pensare ad altro. Che ne sarà di lei?»
Alla finestra della casa della famiglia Gazi, il manifesto con la foto di Iuschra - © www.giornaledibrescia.it
Alla finestra della casa della famiglia Gazi, il manifesto con la foto di Iuschra - © www.giornaledibrescia.it
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Ieri Iuschra Gazi ha compiuto dodici anni. Di lei non si sa più nulla da cinque mesi, da quel 19 luglio quando, in gita con il grest sull’altopiano di Cariadeghe, è sfuggita ai controlli degli operatori ed è letteralmente scomparsa. Inutili le ricerche, effettuate per settimane anche con mezzi tecnologici all’avanguardia. Inutili. Di lei, nessuna traccia.

Per il giorno del suo compleanno, siamo andati a casa sua. In via Calatafimi siamo stati accolti dai genitori Sonia e Liton, dai due fratellini e dalla sorellina Fatima che avevamo lasciato in luglio sul passeggino e che ora ritroviamo camminare trotterellando per casa. Sorride, la piccola, e guarda il fratello maggiore che accarezza la grande foto di chi non è con loro. Come la sorella scomparsa, anche lui non parla ed ascolta il più piccolo ripetere il nome di Iuschra. Quasi a chiamarla, ma con una straziante vena di malinconia nel tono della voce.

Il padre: «La testa mi frulla, piena zeppa di pensieri. Non riesco ad avere pace, in nessun posto. Se sono al lavoro, ho davanti agli occhi l’immagine di mia figlia. Quando torno a casa, la sua presenza è talmente forte, vera, quasi palpabile, che non mi dà tregua. Poi, guardo mia moglie e il suo volto segnato dal dolore, e gli interrogativi aumentano. Iuschra è talmente viva e presente dentro di me che spesso non sento quando le persone mi parlano».

Liton Gazi vive a Brescia dal 1995 e ricorda perfettamente quel 20 dicembre di dodici anni fa quando al Civile è nata la sua primogenita. «Lei è cresciuta qui anche se qualche anno fa siamo tornati in Bangladesh per portarla in ospedale a Dacca. Volevamo capire perché non parlava e i medici ci hanno detto che era affetta da autismo. Una diagnosi che è stata confermata pure a Brescia e, purtroppo, anche il secondogenito ha lo stesso problema». I muri della stanza nella casa popolare dalle pareti solide e dai soffitti a crociera sono «affrescati» da disegni infantili, mentre sui termosifoni alcuni loro abitini sono stesi ad asciugare. Come in tutte le case in cui vivono bambini, anche in quella di Iuschra sono molte le tracce dei ragazzini e della loro vitalità.

Avevamo già incontrato la madre - Mustnurtrunnahar Khanam ma per tutti noi semplicemente Sonia - lo scorso luglio, a pochi giorni dalla scomparsa della figlia. Allora era sola in casa con i bambini, mentre il marito si trovava a Cariadeghe dove un esercito di uomini era nel pieno delle ricerche. Allora, lei aveva condiviso con noi speranze e paure. In presenza del marito, rimane in silenzio ed ascolta.

«Il compleanno? Nella nostra religione non si festeggia, ma si prega Dio e quello che si sarebbe speso per i regali lo si dona a chi ha meno di noi» spiega Liton. Poi, singhiozzando, torna con il pensiero alla figlia: «No, la testa non mi funziona più, da quando lei è scomparsa. Cosa starà facendo ora? Sarà viva? Sarà morta? Sarà stata rapita da persone che le hanno fatto del male? Troppe ipotesi ed anche qualche angoscia in più quando sento notizie su ritrovamenti di resti che poi si rivelano infondate. Ho veramente pensato a tutto, in questi mesi, anche che qualcuno l’abbia rapita per rivendere i suoi organi. Non avrei voluto avere questo pensiero, cerco di scacciarlo dalla mente perché è troppo doloroso. È atroce anche solo averlo, ma non posso proprio escludere nulla e quel che più mi tormenta è non riuscire a distinguere il vero dal falso. Del resto, è praticamente impossibile».

Poi, racconta della catena di solidarietà iniziata già dal quel 19 luglio. Delle amicizie nate sull’altopiano, con le forze dell’ordine e con gli uomini dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile, al punto che alcuni volontari lo chiamano, si informano, gli stanno vicino. Racconta dei colleghi di lavoro, all’Iveco, che comprendono il suo dramma e della comunità tutta, non solo bengalese, che sta accanto a lui e alla sua famiglia con grande delicatezza. Parla delle indagini e della sua «totale fiducia negli investigatori italiani, perché hanno risolto molti casi difficili di persone scomparse, quindi sarà così anche per nostra figlia». Ha un pensiero per i familiari rimasti in Bangladesh. Con la nonna che ripete: «La bambina è stata un dono di Dio. E Dio sa com’è Iuschra, ed ha voluto riprendersela».

 

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