Ihor da Bedizzole all’Ucraina dov’è morto per la sua patria

Ihor Pashko aveva 25 anni. Ha lasciato il Bresciano per tornare in Ucraina e arruolarsi. È morto in battaglia, nella regione di Zaporizhzhia. E ora a Bedizzole, suo paese d’adozione, la guerra che sembrava così lontana ha il suo volto. Il suo corpo è stato ritrovato il mese scorso a Verbove, in una zona da tempo al centro dei combattimenti. Risultava disperso da febbraio. Dopo un lungo silenzio, è arrivata la conferma. Il funerale si è tenuto il 2 luglio a Leopoli, nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo. È stato sepolto al Campo di Marte, accanto ad altri caduti. Ieri è stato ricordato anche a Bedizzole, durante la messa delle 18.30: su iniziativa di alcuni amici, il suo nome è stato citato tra i caduti.
«A volte pensiamo che la guerra in Ucraina non ci riguardi – riflette il sindaco di Bedizzole, Giovanni Cottini – ma non è così. Basta guardarsi attorno: molte persone ucraine vivono e lavorano nei nostri paesi. E oggi pensiamo a Ihor, un ragazzo che da Bedizzole ha scelto di tornare in patria per difenderla».
L’«italiano»
Ihor era arrivato in Italia nel 2018, quando aveva appena 18 anni. Aveva completato gli studi al Cfp Vantini, poi aveva iniziato a lavorare come operaio: prima alla Bonomi Industries, poi alla Meccanica Center di Villanuova. Si era stabilito a Bedizzole e si divideva tra lavoro e passioni: il pugilato e la musica. Sui social postava foto di allenamenti, feste con amici, serate in compagnia. Quando è iniziata l’invasione russa, ha fatto una scelta precisa: ha lasciato tutto ed è tornato. Si è arruolato nella Guardia Nazionale ucraina e ha iniziato l’addestramento con altri volontari. «Avrei potuto restare in Italia – aveva scritto lui stesso – conosco la lingua e avrei trovato lavoro. Ma la mia anima implorava la patria. L’Ucraina ha bisogno del mio aiuto. Volevo entrare nell’esercito fin da bambino. È qui che ho realizzato il mio sogno». Raccontava con entusiasmo l’addestramento: «Mi insegnano veri professionisti, gente con esperienza vera. L’ho visto solo nei film. Un giorno diventerò forte come loro». E poi, il desiderio di futuro: «Quando vinceremo, resterò nella Guardia Nazionale. Forse entrerò in un istituto militare, forse studierò. Ma ora conta solo una cosa: sconfiggere il nemico».
Il ricordo
Tra i commilitoni lo chiamavano «l’italiano», proprio per il periodo trascorso qui. Lo ricordano come un ragazzo gentile, determinato, sempre pronto a fare la sua parte. Si era guadagnato il rispetto di chi combatteva con lui. «Penso che i russi – aveva scritto – non abbiano capito dove sono venuti a combattere. Qui trovano un intero popolo che resiste unito, sono orgoglioso di farne parte».
I messaggi in rete parlano di lui con affetto e gratitudine. «Hai fatto la scelta più difficile – scrive un amico – sei tornato per difendere chi ami e hai dato la cosa più preziosa: la vita». Un altro lo chiama «angelo»: «Tieni tu il nostro cielo, noi teniamo l’Ucraina».
Altri ancora raccontano la sua luce, il suo coraggio, il suo sorriso. «Come se un angelo fosse stato accanto a noi e non ce ne fossimo accorti subito». Non è la prima volta che il conflitto in Ucraina lascia un segno in Italia e nel Bresciano. Nel 2022, le Leonessa aveva ricordato Igor Klymenko, 47 anni, ucciso mentre aiutava i civili vicino Kharkiv.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
