«Ho tre disturbi, una super famiglia e la laurea»

Ai bambini la maestra Sara Scattoli dice sempre di «non vedere i Disturbi specifici dell’apprendimento come un limite, ma come un modo diverso di usare il cervello: bisogna solo capire come funziona il meccanismo e cercare di affrontare il quotidiano con impegno e serenità».
Lo ripete anche ai genitori, consigliando loro di lasciare che i figli con Dsa abbiano il tempo di «conoscere questo mondo. Anche se sono piccoli vanno ascoltati: non esiste una ricetta uguale per tutti, ciascuno sa quali strumenti sono più adatti alle proprie esigenze».
Questo mondo la 28enne di Brescia, che lavora in una scuola dell’infanzia (ma ha anche insegnato alla primaria), lo conosce bene: tra la seconda e la terza elementare ha scoperto di essere dislessica, disortografica e discalculica. Tre Dsa che non le hanno impedito di laurearsi.
Fondamentali in questo percorso sono state le sue maestre della scuola primaria che vent’anni fa, quando ancora si parlava pochissimo di Dsa (la legge di riferimento è del 2010), hanno intuito che nel disallineamento tra impegno e risultati potesse esserci un disturbo da approfondire. «Le elementari sono state la mia isola felice - racconta -. Ho avuto la fortuna di avere insegnanti che si sono fatte venire il dubbio e sono state al mio fianco per scoprire le mie difficoltà e gli strumenti più adatti a me». Sara ha frequentato il liceo e l’Università (Scienze della formazione primaria a Brescia). «Affinare il metodo di studio non è stato facile - racconta -. Fino alla quarta superiore mia mamma leggeva i miei libri e registrava la sua voce così che io potessi ascoltarla e imparare. Per anni è stata lei la mia sintesi vocale. Poi, accettata la situazione, ho iniziato a usare gli strumenti compensativi».
Studiare ha significato per Sara distribuire bene il carico di lavoro sulle giornate per non affaticarsi troppo, usare schemi e sintesi vocale. «Un processo lungo, ma vincente - commenta -. La difficoltà più grande l’ho riscontrata nei rapporti con alcuni professori: mi hanno fatta sentire incompresa». Ora, con Aid Brescia, aiuta i ragazzi che vivono ciò che lei ha già sperimentato.
«Racconto volentieri la mia storia sottolineando quanto sia stato importante il supporto della mia famiglia: mi sono stati a fianco e mi hanno aiutata a cogliere l’aspetto più ironico della dislessia. Da un errore può sempre nascere una situazione comica. Questo mi ha aiutato a vivere serenamente i Dsa».
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