Di padre in figlio su due ruote: i Rinaldi, dinastia di enduristi

Vincenzo Cito
Enrico ha raccolto l’eredità di papà Mario: tra i due ci sono rispetto, aiuto e la giusta complicità
Enrico Rinaldi in azione - Foto Dario Agrati
Enrico Rinaldi in azione - Foto Dario Agrati
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C’è una scena che più di ogni altra sottolinea la personalità di Enrico Rinaldi, 24 anni, e risale a una gara durante la quale l’avversario che gli è davanti va giù e lui, per evitargli complicazioni, lo schiva con una larga traiettoria. Manovra che gli costa secondi preziosi però gli conquista la stima del movimento e lo accosta definitivamente alla figura di papà Mario, quattro volte campione del mondo, perché anche lui faceva lo stesso nel segno della classe, della misura e dello stile che ne hanno caratterizzato la carriera.

L’enduro

Nell’enduro non sempre si ragiona così, l’adrenalina scatenata dalla gara e dalle situazioni ti porta ad andare oltre ogni ostacolo e spesso oltre i limiti, quelli che il giovane figlio d’arte non vuole superare. «Una scivolata a gara ci può stare – spiega – perché se non scivoli non vai al top delle tue possibilità. Però non devi mai perdere lucidità e compromettere tutto per una sciocchezza. Ci vuole anche quella sana paura che ti fa ragionare prima che sia troppo tardi». Lo dice con la saggezza di chi ha riportato anche seri infortuni come quello al legamento del crociato anteriore del ginocchio destro e ne è uscito più forte di prima, consolidando esperienza e maturità tecnica.

Enrico e Mario Rinaldi
Enrico e Mario Rinaldi

Dalla minienduro alle moto da grandi

Aveva appena 12 anni quando salì per la prima volta su una minienduro, per scelta più che per accontentare papà. «Lui non mi ha mai incoraggiato – assicura – però quando ha visto che mi stavo appassionando ha assecondato ogni mia scelta». E così, gradino dopo gradino, a suon di risultati Enrico è entrato nel circuito mondiale e vive quella che era nata come passione come una professione. Si allena tutti i giorni, oltre che in moto va in bicicletta e anche in palestra («Alla discoteca –sorride – ho rinunciato da tempo»).

Con discrezione Mario ne segue i progressi a distanza senza sovraccaricarlo di responsabilità con la sua presenza. Però si informa, chiede dettagli, si gode in silenzio ogni progresso del giovane. Un rito irrinunciabile è quando al ritorno da una gara papà e figlio puliscono assieme la moto. Gesti semplici, nel segno di una comune condivisione, senza troppe parole. Mario è sempre pronto a dare consigli, però aspetta sia Enrico a chiederglieli. Solo in questo modo il giovane è riuscito a liberarsi della scomoda etichetta del figlio d’arte, eternamente messo a confronto col papà campione.

Il team

Ciò che è davvero particolare è il contesto nel quale si muove Enrico, originario di Passirano, perché il suo nome ormai è diventato un simbolo dell’enduro in Franciacorta e c’è un team di amici creato apposta per supportarlo e seguirlo, in allenamento e in gara. È il Gtg Motogamma RS77 di Castegnato raccolto attorno alla figura carismatica di Francesco Martinelli.

Rinaldi e gli amici che lo sostengono - Foto Dario Agrati
Rinaldi e gli amici che lo sostengono - Foto Dario Agrati

«Brescia conosce bene la parola regolarità – spiega il dirigente – a che raccontava un mondo fatto di fango, fatica, tecnica, passione. Ci sono nomi che hanno fatto la storia bresciana, come quelli di Fenocchio, Saravesi, Birbes, Gorini. Dagli anni Ottanta la regolarità ha cambiato nome ed è diventata enduro, l’anima è rimasta la stessa e Brescia ha continuato a generare talenti come Passeri, Franceschetti, Scovolo». E i Rinaldi, prima il papà e ora il figlio, sono sulla strada giusta.

Eventi mondiali

La provincia ha ospitato eventi di rilievo mondiale come la Sei Giorni Internazionale del 1997 a Lumezzane.

E ora l’appuntamento da non perdere è la tappa mondiale a Darfo in programma il 26 settembre. Il Gtg Motogamma, che conta 200 iscritti, è molto attivo anche a livello organizzativo con eventi per appassionati di ogni età.

«Potremmo fare anche di più, le resistenze sono ancora tante, c’è chi accusa l’enduro di devastare l’ambiente – lamenta Martinelli –. In realtà finite le gare, risistemiamo il territorio così come lo abbiamo trovato. Anzi, spesso migliorandolo». A tracciare i percorsi a volte c’è proprio papà Mario Rinaldi e un giorno il destino giocò un brutto scherzo. «Durante una gara – ricorda Enrico – andai a sbattere su una rete di metallo e andai giù. Bah, l’aveva messa lì proprio papà…».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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