Brescia, adesso l’obiettivo torna su Clotet e la squadra

E adesso? E adesso non si può non pensare di tornare a un minimo di normalità. Non si può, innanzitutto, non riportare Pep Clotet e la squadra al centro di un villaggio Brescia interessato da una settimana di turbolenze societarie.
La fase acuta si è consumata, ma occorrerà abituarsi a vivere in un cronico stato di «chi va là» col prossimo alert impostato su martedì 29 novembre quando un consiglio d’amministrazione registrerà il «dentro o fuori» dalla governance di Massimo Cellino che già oggi potrebbe/dovrebbe ricevere la telefonata clou del consigliere Stefano Midolo incaricato (con il consigliere Micheli) di sondare la disponibilità del patròn a tornare presidente. Ed è tutto fuorché scontato che accada.
Pressioni
Più che mai sono vietate fughe in avanti perché qui si rischia di perdere d’occhio le vicende di campo che invece sono di interesse cruciale. Perlomeno, visto che tanto l’allenatore quanto la squadra avevano dato l’idea di essere arrivati alla sosta il primo a nervi scopertissimi e i suoi ragazzi per niente sereni, lo scossone celliniano, che non si sa a cosa porterà, ha consentito una settimana di lavoro a fari abbassati.Una pausa dalle (fisiologiche) pressioni che ora riprendono a marciare sul loro binario dato che domenica sarà di nuovo campionato. E si riaprirà la caccia a quella vittoria che risulta imprendibile da sette partite (8 con la Coppa Italia).
L’auspicio, è che l’aver lavorato con l’attenzione dirottata altrove, abbia consentito a Clotet e al suo staff di fotografare al meglio lo stato di una squadra della quale si capisce ancora molto poco e che se la situazione ambientale è, come lo abbiamo definito, un rompicapo, le rondinelle non lo sono meno. E se c’è un momento ideale per dimostrare di che pasta e fibra si è fatti, per tecnico e gruppo, non ne esiste uno migliore di questo: tempi difficili fanno, o dimostrano, uomini forti. Per tutti, al di là delle difficoltà e dei limiti oggettivi, è davvero il momento di tirare fuori quel qualcosa in più.
I punti

Il terreno sul quale coltivare una vera ripartenza dopo circa due mesi di sofferenza, è innanzitutto una classifica alla quale rimanere saldamente aggrappati. Venti punti per un settimo posto che è oro colato dato l’andamento lento dell’ultimo periodo da sosta a sosta con appena 5 punti incamerati. Il tutto significa due cose: piena linea di galleggiamento e un campionato a ora di base modesto che sa aspettare e perdonare.
A patto ovviamente di non approfittarne troppo perché poi come sempre gennaio sarà spartiacque. I venti punti, con media di 1,53 significano inoltre una proiezione finale di 58 punti (l’anno scorso vollero dire ottavo posto).
Guardando in là, per arrivare alla prossima sosta che sarà quella «robusta» dal 27 dicembre al 14 gennaio, sono in agenda sei partite. Quattro delle quali, contro Spal (domenica), Reggina, Parma e Palermo da giocarsi nello stadio di casa dove comunque non si conosce sconfitta, in regular season, da quasi un anno (era il 5 dicembre 2021). Cosenza e Pisa saranno invece da giocare al loro domicilio.
Da sistemare e risolvere
Dentro questo spaccato di certezze, il Brescia però fa i conti con le proprie incertezze che - trascorso di fatto un terzo di campionato - sono ancora parecchie. Il gioco, rispetto alla prima parte di stagione, ha subìtto un’involuzione. Un po’ figlia delle circostanza, un po’ «pilotata» da Clotet che, forz’anche con realismo e facendo i conti con innumerevoli difficoltà quotidiane (tra infortuni, panchina corta e casi contrattuali) ha oggettivamente rovesciato il piano. Da «amo il gioco propositivo e rischieremo sempre molto» al primo non prenderle dell’ultimo periodo, la svolta è stata evidente e innegabile e i «simboli» sono giocatori come Olzer e Ndoj, tra i pochi di qualità e fantasia, costretti a grossi sacrifici sulle fasce.
Tale involuzione, si riverbera sul rendimento di attaccanti (per quanto non possa andare solo su loro la responsabilità) dalle polveri bagnate: ci sono i 4 gol di Ayé, i 3 di Bianchi e i 2 di Moreo. Vero che questa schematizzazione è riduttiva e che la varietà sottoporta è importante, ma non si può prescindere dal traino delle punte servite poco e male oltre al fatto che si devono sobbarcare carichi straordinari per dare un contributo alla fase difensiva.
Si corrono meno pericoli, ma non è un caso che la vittoria manchi da una quasi vita. Con il fattivo ausilio, non va dimenticato ed è un aspetto che ha inciso, di arbitraggi già troppo penalizzanti. Pregi e difetti (e difficoltà) sono chiari a tutti. Ma ora tocca a Clotet e ai suoi.
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