Ad Adro va in pensione il dottor Copeta: «Non un medico di base, ma di famiglia»

Non danno tanta confidenza, lì per lì, sul bordo di una strada semi deserta che scorre di sbieco al centro di Adro, nel bel mezzo di un pomeriggio dal caldo sfacciato, uno di quelli che affatica la passeggiata. Non finché non si pronunciano le parole «dottor Copeta, il medico di base», una credenziale che interrompe qualsiasi ritrosia.
Ma che viene immediatamente corretta: «È il nostro medico, ma non è un medico di base, è il medico di famiglia». Ci tengono a specificarlo quel «di famiglia», che da quasi quarant’anni ormai moltissimi, in paese, intendono in senso letterale. Perché il dottor Roberto, classe 1956, in servizio ad Adro dal 1° marzo 1986, «è stato capace di entrare in famiglia» (appunto) come un parente affidabile su cui contare. E dopo oltre 38 anni di attività condotta tanto dal suo ambulatorio quanto nelle case di chi, di giorno in giorno, alzava la mano (o, meglio: la cornetta) per chiedere aiuto, da ieri, 1° luglio, «il dottore» ha abbassato la saracinesca dell’ambulatorio di via Mazzini per alzare la claire della sua meritata pensione.
Le testimonianze
«Non c’è mai stata una chiamata persa, abbiamo tutti il suo numero di casa» racconta un altro paziente affezionato. «Se hai bisogno, Roberto c’è sempre: altro che prenotazioni...». Di voce in voce, la descrizione che arriva dalle tante altre «sue famiglie» - quelle di cui per anni si è preso cura - racconta di un professionista che «non ha mai smesso di rispondere alle chiamate, neanche nei giorni festivi, quando un medico di solito si fatica a trovare anche a pagamento, a meno che non si corra al Pronto soccorso. Lui è di quei medici di una volta, una certezza».
Altri ancora, sempre col sorriso, citano come prima caratteristica «la sua proverbiale pazienza e capacità di ascolto senza essere mai invadente», un tratto che «ci mancherà molto e che non sarà facile ritrovare», lo stesso tratto capace di creare comunità anche (o soprattutto) nelle piccole o grandi sofferenze quotidiane. Comunità di cui Copeta, da sempre, tiene a fare parte anche «in borghese»: dall’impegno negli Alpini a quando ha diretto il coro della chiesa del Beato Palazzolo, nel capoluogo, fino alla sua accurata passione per la natura e le piante. Lo hanno capito subito anche i suoi tre figli, quanto la sua professione fosse importante. Ad aiutarli a comprenderlo è stata la mamma, quando - durante un’emergenza scaturita nel corso della Messa e che ha fatto «correre via» il medico - ha spiegato loro «i doveri del papà». Quei doveri che lo hanno sempre fatto rispondere alle telefonate che spezzavano il sonno della notte, con «il Roberto» che usciva in fretta e furia per fare aspettare i pazienti il meno possibile.
Al fianco dei malati
Il dottor Copeta ha visto anche la società di Adro cambiare e affrontare le sfide e le paure di tre differenti decenni. Negli anni Novanta, al principio della sua carriera, ha vissuto e affrontato insieme agli altrettanto giovani pazienti il tragico periodo della tossicodipendenza e dell’Aids, stando al fianco dei malati più gravi, «situazioni che anche qui da noi purtroppo non sono mancate».
Nel 2021, verso la fine della sua carriera, non ha mai fatto un passo indietro di fronte alla tempesta Covid, emergenza in cui «era sempre in prima linea e al fianco di chi aveva bisogno di cure o di assistenza, anche con il sacco nero usato per proteggere se stesso in assenza dei dispositivi». Ancora non si sa chi sostituirà «il medico delle famiglie» di Adro. Che lo ringraziano con il sorriso. Anche perché «tanto, lo sappiamo: se dovesse servire, lui c’è».
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