Volley, Crosatti: il settimo uomo che fa vincere l'Atlantide

Anche quando non gioca, Paolo Crosatti, 38 anni, è come se lo facesse. Dalla panchina incita i compagni, dà consigli ai più giovani, è un punto di riferimento costante per l’allenatore Zambonardi col quale scambia spesso occhiate e cenni di intesa, spesso il tecnico lo vuole accanto a sé come sostegno tecnico e psicologico. Quando entra, poi, Paolo lascia comunque il segno, con una battuta, un aiuto in difesa, una copertura. Quest’anno gli è anche capitato di decidere una partita, come successo all’andata contro Ortona meritandosi il premio di migliore in campo. Paolo Crosatti c’è sempre, c’è sempre stato, sin dalle origini.
Veste la maglia dell’Atlantide come una seconda pelle, ha lasciato (per brevi parentesi) Brescia solo in prestito ed è regolarmente tornato. Ha vissuto le origini della società, la crescita del club con i pienoni nella piccola palestra di Caionvico, il festoso trasferimento al San Filippo, l’amarezza di una promozione in A1 sfuggita in finale e, per amore della sua squadra, ha persino cambiato ruolo. Lui, schiacciatore, nella scorsa stagione ha fatto il libero, salvo quest’anno tornare alle origini per avere maggiori possibilità di entrare in campo. Definirlo settimo uomo è riduttivo, Paolo – con tutto il rispetto per i compagni, altrettanto preziosi - è semplicemente indispensabile: per dedizione alla causa, senso di appartenenza, lealtà ai colori e alla società. E per quella capacità di stare dietro le quinte rendendosi utile all’occorrenza.
«Una squadra – spiega- è fatta di mille componenti e deve sempre restare un gruppo: il compagno va aiutato e sostenuto, qui non si vince mai da soli, lo impone il senso stesso del gioco, se non altro per l’obbligatorietà del passaggio richiesta dal volley». L’esperienza conta tanto. «La metto a disposizione solo se mi è richiesta, mai sovrapporsi al ruolo dell’allenatore. I ragazzi devono capire, prima di ogni altra cosa, che si migliora soprattutto in allenamento, a Brescia più che altrove, dove hai come modelli campioni come Tiberti e Cisolla». E Crosatti, anche se non gioca molto, per dare l’esempio si prepara come e più degli altri. «Devi sempre tenerti pronto, in ogni momento può esserci bisogno di te».

Crosatti lo ha appreso soprattutto a inizio carriera, quando fu prestato al Crema in A2, una squadra che dominò il torneo conquistandosi la promozione a suon di vittorie. «Ero appena arrivato, chances ne avevo pochissime, però capii che avrei dovuto sfruttarle tutte, una volta chiamato in causa». Quando, nella stagione successiva, la società rinunciò al salto e ripartì dalla A2 Crosatti divenne presto titolare. «Ho sempre imparato che devi conquistarti tutto da solo, fuori e dentro dal campo». Merito in più per Paolo che, nonostante l’età non più giovanissima è sempre un signor atleta ma col suo comunque rispettabile 1.88 oggi si trova ad affrontare avversari anche di 2 metri, soccorso dalla tecnica e dalla capacità di punire ogni errore avversario. Va in palestra tutti i giorni eppure da 7 anni lavora anche fuori dal campo. Con intelligenza, a inizio carriera ha subito avviato un piano B, si è laureato in Scienze Motorie ed è un apprezzato insegnante di educazione fisica. «Devo molto alla società che mi permette di saltare qualche seduta mattutina per tenere le lezioni».
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Quando è a scuola, è solo il professor Crosatti, anche se gli allievi fanno presto a scoprire chi è e spesso vanno a vedere le sue partite; qualcuno grazie a lui si è anche avvicinato al volley. Ma non è questo che gli preme di più. «La scuola è una comunità educativa in ogni suo aspetto, l’ora di educazione fisica non può e non deve essere solo un’occasione di svago. Lo sport è un tassello fondamentale nella crescita di un giovane. Gli insegna il rispetto delle regole, verso gli altri, verso i ruoli e gli fa comprendere come il lavoro ben fatto lo porti al risultato». Che è poi la storia stessa di Crosatti, il jolly che può farti vincere le partite.
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