Con Bussi e Cressari il coraggio di essere donne e cicliste

Metti una sera allo stesso tavolo il passato e il presente del ciclismo femminile su pista ad alte prestazioni, aggiungi il racconto di battaglie, prima di tutto culturali, non semplici da affrontare per imporsi come atlete e come donne in un mondo nonostante tutto ancora molto maschilista. E poi l’estrema cortesia e simpatia del cerimoniere nelle vesti del presidente del Panathlon Club Garda Occidentale, Paolo Dosselli ed ecco gli ingredienti di una serata perfetta.
Protagoniste
All’Antica Cascina San Zago di Salò si sono ritrovate per la prima volta allo stesso tavolo Vittoria Bussi, classe 1987, attuale detentrice del record dell’ora femminile, prima donna al mondo a superare il muro, ritenuto finora invalicabile per le donne, dei 50 di media oraria e la bresciana Mary Cressari, classe 1943, pioniera del ciclismo femminile italiano iniziato nel 1962 proprio con i Mondiali su strada di Salò che nel 1972 stabilì a Città del Messico, un mese dopo Merckx il nuovo record dell’ora, prima e unica donna italiana a riuscirvi fino all’avvento di Vittoria Bussi.
E la storia fra le due detentrici italiane del record sembra quasi speculare: entrambe hanno lottato contro gli ostacoli della Federazione e hanno avuto conti in sospeso in famiglia da dover regolare. Entrambe hanno rivoluzionato un modo di intendere il ciclismo al femminile. Vittoria Bussi, ha da qualche mese dato alle stampe il libro autobiografico «Non conosco altro modo di vivere» e l’altra sera di fronte ad una platea selezionata di soci del Panathlon con ospite d’onore l’ex campione d’Italia e già maglia rosa al Giro Bruno Leali, ha raccontato la sua storia e di come è arrivata per due volte a battere il record.
La storia di Vittoria
Romana di nascita, torinese d’adozione, la Bussi scopre tardi il ciclismo, a 27 anni. Dopo un passato giovanile nell’atletica leggera, si butta a capofitto negli studi, ottiene una borsa di studio ad Oxford, in Inghilterra dove si laurea in Matematica. Nelle pause fra un esame e l’altro, si cimenta in qualche attività sportiva.
Nell’Università londinese è di moda il triathlon che combina nuoto, corsa a piedi e ciclismo e lei con un passato di atletica e abile a nuotare pare non avere problemi. Unico neo il ciclismo perché a malapena riesce a salire in sella. Eppure non si scoraggia e dopo gli imbarazzi iniziali spinge sui pedali come nessuna. La nota Flavio Zappi, emigrato in Inghilterra dove ha aperto un’academy per scoprire talenti. Convince Vittoria a passare Pro senza avere i fondamentali (guida e presenza in gruppo) e di colpo si trova scaraventata nel circuito maggiore. Opta ben presto per le prove individuali a cronometro raggiungendo spesso i podi e le top ten a mondiali, europei e tricolori. E preferisce correre da indipendente. Fissa un obiettivo: stabilire il record dell’ora, senza sponsor, indebitandosi pure. La sua costanza e impegno vengono premiate nel 2018 a 48,007. Il record è ritoccato da due atlete (una inglese, l’altra olandese) finché nell’ottobre 2023 la Bussi si riprende il record a 50,267, prima donna oltre il muro dei 50 orari che ritocca nel maggio 2025 a 50,445 montando un 72x12 di rapporto. Il Coni le nega il Collare d’oro, salvo ricordarsene un anno dopo quando lei scrive alla stampa e segnala l’ingiustizia. «Ho sempre cercato di nutrire i miei sogni. È stato difficile, ma ne è valsa la pena». Da applausi.
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