Una Vittoria, tre record e una lezione

Vittoria, con quel nome che pare un destino, è un’ex ciclista oggi 38enne che, dopo un dottorato in matematica ad Oxford, ha deciso di risalire in sella alla bici e frantumare due volte il record dell’ora su pista, volando a 50,455 km/h (l’ultima volta il 10 maggio), e ottenere quello femminile nell’inseguimento individuale sui 4 km (4 minuti, 23" e 642 millesimi, il 16 maggio).
Vittoria di cognome fa Bussi, e il suo nome non dice molto se non ai cultori del ciclismo (forse neppure a tutti, diversamente da quello di Filippo Ganna che detiene analoghi record). Sul perché, lei stessa è intervenuta via social, bacchettando i media per lo scarso spazio riservato ai suoi primati, che non basta, a suo dire, l’ingombrante concomitanza del Giro a giustificare.
Vittoria non ha cercato i riflettori su di sé, ma preteso che si chiedesse scusa a chi il torto lo ha subìto: «I giovani atleti che hanno paura di non riuscire a far grandi cose perché non hanno una squadra dietro, gli adolescenti che devono scegliere tra sport e istruzione perché la società ancora dice questo» ma soprattutto «le donne, perché proprio non ce lo meritiamo. Sa di Medioevo e di inciviltà», ha scritto, leggendo nella minor copertura mediatica una scelta sessista.
Sul punto ha insistito: «E se vi racconto che avevo il ciclo nel 2023 quando ho battuto i 50 km/h, non vergognatevi ma scrivetelo perché è proprio grazie al ciclo che diamo la vita». Senza troppa retorica: una Vittoria, tre record e una lezione.
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