Union Brescia dai grandi numeri con la medaglia che ha due facce

Bisogna prenderla così semplicemente perché a volte è così che deve andare: è il destino che magari vuole comunicarti qualcosa.
Cosa può aver comunicato all’Union Brescia il pareggio in rimonta e in extremis contro il Novara? Intanto, a prescindere dalle chiavi di lettura resta un jolly sprecato (che fastidio 5 punti persi a Mompiano tra Arzignano e piemontesi...) anche perché la seconda partita consecutiva in casa contro una squadra per niente irresistibile, è caduta nella prima settimana da tre gare condensate.
Relatività
Era davvero un’occasione da non lasciare per strada in vista di una terza e verosimilmente - dato il poco tempo per recuperare - più faticosa, quella sul «campetto» della Virtus Verona. Il tutto mentre Vicenza e Lecco sono riuscite a mantenere il loro passo sostenuto e ad allungare sul +3. Ovviamente: ora come ora è tutto più relativo che mai. Ma il segnale, a proposito di ciò che il destino può voler comunicare, è chiaro: questo campionato non vuole concedere pause. Né mentali, né fisiche. Bisogna sempre rimanere accesi.
Il tipo di gara col Novara, o anzi l’ingiusto risultato col Novara, sa inoltre di una lezione in più su ciò a cui si deve essere pronti e preparati, all’esterno. A un torneo da queste parti sconosciuto come lo sono la maggior parte dei protagonisti delle contendenti dell’Union Brescia. E tra tanti sconosciuti, capita che qualche impronosticabile si inventi la serata da «inquadrettare». Con la cornice sotto il braccio, due sere fa se ne sono andati addirittura in due: Valdesi e, soprattutto Boseggia. Rispettivamente euro marcatore e portiere non particolarmente accreditato che è riuscito a fare, come si dice, i bambini con i baffi. Almeno fino a che non si è imbattuto nell’uragano Cazzadori, cuore caldo e mancino freddo. Ad addomesticare la palla meno pulita tra tante palle pulite che dal 1’ all’ultimo secondo il Brescia ha messo dentro.
Ed eccolo un altro messaggio del destino: crederci sempre, credere in tutto. Principalmente, in un campionato così, nelle situazioni più sporche perché è lì dentro che spesso si trovano le chiavi per aprire la partita. Mentre al contrario, la bellezza di cui il Brescia - soprattutto nel primo tempo - è stata capace, non può essere sciupata. Racchiusa in quelli che sono stati numeri da capogiro tra poco meno di 20 corner (a zero!) calciati e occasioni rasentanti la doppia cifra (9). Mettiamoci poi altri 11 tiri verso la porta anche se finiti fuori e 15 calci di punizione. Qui ci fermiamo, anche per evitare che la gastrite prenda ancora il sopravvento...
Il punto
I numeri del fatturato della squadra di Diana racconta una volta di più di una squadra dominante e che ha tutte le caratteristiche per essere definita non solo importante, ma forte. I numeri non sono certo tutto, ma se inseriti nella prestazione - per larghi tratti, di certo in 11 contro 11, la migliore di questo avvio di campionato (dunque non si può dar colpa al massiccio turnover) - rappresentano la narrazione perfetta di ciò che è accaduto sul campo. Che se quella partita si rigiocasse 100 volte, 100 volte finirebbe con i tre punti al Brescia. Però rigiocarla non si può. E allora bisogna pensare a come fare in modo che non ci siano più un Boseggia e un Valdesi di turno a tarpare le ali. Perché numeri del genere se da un lato sono rassicuranti, un vessillo da sventolare, dall’altro fanno dire che le partite nei quali si verificano, vanno portate a casa. Portiere para tutto o meno. E il lavoro di Diana in queste poche ore che dividono l’Union dal prossimo impegno a Verona, sarà nell’andare ad analizzare quelle tante situazioni che si sarebbero potute gestire meglio.
Il tributo
Quella col Novara non può comunque che essere messa via come partita stregata nella quale è maturato un risultato «episodico». Che tuttavia, guardandolo in positivo, è stato figlio di una capacità di insistere resistendo alla tentazione di lasciarsi andare a un copione da «viva il parroco» per quanto la ripresa sia stata più confusionaria. Non arrendersi alle avversità è nel Dna di questa squadra che ha il fuoco insieme a un certo «portamento». Dici poco? No. E infatti chi era allo stadio se n’è accorto e ha applaudito. I frequentatori del Rigamonti lo sanno: quello stadio non distribuisce applausi gratis. Solo se lo meriti. E questo Brescia merita.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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