Calcio

Un po’ catalano, un po’ bresciano: la doppia anima vincente di Clotet

Il tecnico si è raccontato al Festival dello Sport: «Guardiola? Mi piace il suo stile, è un riferimento»
Il tecnico del Parma Fabio Pecchia con Pep Clotet
Il tecnico del Parma Fabio Pecchia con Pep Clotet
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Da Pep… a Pep. Le analogie tra Clotet e Guardiola non riguardano soltanto l’evidente omonimia: entrambi sono catalani, praticano un calcio offensivo e di dominio, ma ad accomunarli è soprattutto il legame con la città di Brescia e il Brescia. «Non mi posso però paragonare a lui», ammonisce Clotet, protagonista di un appuntamento dedicato alla serie B andato in scena ieri al Festival dello Sport di Trento, al quale hanno preso parte anche il tecnico del Parma Fabio Pecchia e il presidente di Lega B Mauro Balata.

Modello

«Parliamo di un allenatore di primo livello, che sta contribuendo a cambiare il calcio - prosegue il tecnico biancazzurro -. Il suo stile mi piace molto, e ovviamente influenza il mio, come quello di tutti gli altri allenatori catalani. Per me è un riferimento». Sarebbe però riduttivo qualificare il credo di Clotet come una semplice rivisitazione del metodo-Guardiola. Nella sua formazione, ad esempio, ha inciso parecchio la lunga esperienza britannica: «Lì ho allenato in Championship - ricorda -, lavorando a stretto contatto con i giovani. Ho avuto modo di lanciare un talento come Bellingham, che oggi fa grandi cose con la Nazionale maggiore. Gli allenatori possono incidere sulla crescita dei ragazzi, ma occorre anche un sistema che crei le condizioni affinché ciò avvenga».

Cittadino del mondo

È un giramondo Clotet, che dopo un articolato tour tra Spagna e Inghilterra, costellato anche da qualche tappa nel nord Europa (in Svezia e Norvegia, per l’esattezza) è approdato in Italia: «Le difficoltà, per un tecnico straniero, non mancano - ammette -. La prima riguarda la lingua, per non parlare dell’organizzazione tattica dei colleghi, che sotto questo profilo sono dei maestri. E poi il campionato di serie B è complicatissimo, tutti possono vincere o perdere contro chiunque. Chi si cimenta in questo torneo e poi riesce ad arrivare in serie A ha un vantaggio rispetto agli altri».

Che è un po’ il percorso che chiunque a Brescia si augura di poter fare già quest’anno. Anche se l’obiettivo, almeno a parole, non è mutato di una virgola rispetto ai blocchi di partenza: «Cellino non mi ha mai parlato di serie A - assicura Clotet -, sa che nei miei confronti sono esigente almeno quanto lui. La pensiamo allo stesso modo, l’unica richiesta che mi ha fatto è quella di costruire una squadra giovane e con una buona mentalità, che possa raggiungere la salvezza il prima possibile. È consapevole del fatto che nel calcio non si possano fissare obiettivi, perché ci sono molte variabili che non dipendono da noi».

Con il presidente Pep ha saputo riannodare un filo reciso prematuramente un anno e mezzo fa: «Ho grande stima di lui – puntualizza -, posso dire che siamo in sintonia. Nella mia prima esperienza a Brescia mi ero trovato benissimo, e non ho esitato a cogliere l’opportunità di concludere il lavoro che avevo cominciato quando mi è stata prospettata». Il secondo atto è cominciato come meglio non si poteva, ma Clotet è uomo dallo straordinario senso pratico e vola basso: «I bresciani mi hanno insegnato a mantenere i piedi a terra».

Umiltà, una sana dose di realismo, ma anche tanta convinzione della bontà del cammino intrapreso (o ripreso) ormai da qualche mese: «Abbiamo le nostre idee e vogliamo far innamorare i nostri tifosi». Questa sì, ha tutta l’aria di una promessa. Per il resto, sarà il campo a parlare. O a cantare, come ha fatto sinora. L’augurio è che la melodia prosegua il più a lungo possibile.

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