Brescia, Filippini superato da Bisoli: «Può entrare nella top tre»

«Sono contento che mi abbia scalzato dal quarto posto uno con le mie stesse caratteristiche. Per questo gli faccio i miei più sinceri complimenti». Antonio Filippini, bresciano doc, fa un applauso a Dimitri Bisoli, bresciano acquisito. E poco conta se il figlio sia legittimo o adottato, perché ambedue hanno un legame speciale con mamma Leonessa. Un legame così profondo che ha consentito al primo di vestire con orgoglio per ben 308 volte la maglia del Brescia e al secondo, con la presenza di domani (toccando ferro, pressoché certa), di mettere nel proprio bagaglio un gettone di presenza in più rispetto al gemello A.
Prossimi traguardi
«Beh – prosegue Filippini – ora deve puntare ai primi tre posti. In fondo ha solo 31 anni e il tempo per provare ad agganciare i vari Caracciolo, Salvi e Bonometti c’è tutto. Ecco, se non fossi andato via, probabilmente – sorride –, io li avrei superati tutti...». Ma, gradimento da parte della società e accordo sul contratto a parte, cosa serve per inanellare così tante partite con la stessa maglia, addosso? Antonio non ha dubbi: «Devi stare bene e sentire tua quella città, tua quella piazza, tuo quell’ambiente. E poi sentire quel senso di appartenenza. Per fare sì che la squadra ne possa beneficiare, deve coinvolgere un gruppetto di almeno 6-7 giocatori che da più anni militano in quella squadra e creano quell’empatia della quale tutto il gruppo può beneficiare».

Nelle difficoltà
Eppure, per Bisoli, soprattutto dal punto di vista mentale, questa stagione è stata probabilmente la più sofferta, soprattutto per la faccenda legata all’esonero di suo padre Pierpaolo. «Chiaro che è stata una situazione particolare, che peraltro capita molto raramente. Ed è altrettanto chiaro che il fatto che il Brescia navigasse, e navighi ancora, in cattive acque l’ha resa ancora più difficile. A livello professionistico, sono sempre i risultati che determinano il buon funzionamento di tutte le dinamiche. E il risultato, per fortuna o purtroppo, viene sempre prima di tutto».
Il momento

I risultati, appunto, al Brescia stanno mancando. E pure il destino, con le sembianze del rinvio della partita con una Reggiana in piena emergenza, sembra essere avverso. Ma qui Filippini dissente. «Se ci si attacca a queste cose, si creano degli alibi pericolosi. In fondo, prima della partita con lo Spezia, nessuno pensava che il Brescia potesse andare a sbancare il Picco. Ma è successo – fa notare l’ex centrocampista, oggi anche molto attivo sul fronte del mental coaching –. Il nostro cervello è predisposto, quando succedono imprevisti, a cercare sempre gli aspetti negativi consumando energie, e a non vedere magari quelli positivi. Ad esempio la Reggiana, in emergenza o no, ora deve incontrare il Brescia all’ultima giornata. E magari in quel momento la squadra emiliana potrebbe già essere rassegnata. In questo momento le rondinelle hanno avuto più giorni di lavoro e hanno avuto occasione di recuperare qualcuno, come Borrelli, che potrà essere a disposizione per affrontare al meglio il Pisa. In teoria, la sfida ai toscani avrebbe dovuto essere a soli quattro giorni di distanza da quella con la Reggiana. Insomma, il Brescia deve pensare solo alla cose positive e a questa partita che l’attende, dando il cento per cento».
Lo spauracchio
Ma la Leonessa rischia davvero la retrocessione? «Il rischio c’è, non lo si può negare – conclude Filippini –. La squadra non riesce a trovare costanza nei risultati e, soprattutto in casa, gioca con l’ansia di dover ritrovare la vittoria a tutti i costi. Il Brescia deve mettersi in testa di giocare partita per partita, senza pensare alle pressioni o a quello che è stato. È l’unica strada».
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