Pippo Inzaghi, il mare di Crotone e gli scogli dello Scida

Il Brescia vince, viva il Brescia. L’equazione è tanto semplice quanto scontata perché tutti, ma proprio tutti, fanno il tifo perché le rondinelle volino in serie A. Dalla cinquantina di tifosi encomiabili arrivati a Crotone in un giorno feriale, a quelli che hanno storto il naso per i pareggi con Cosenza (Occhiuzzi è stato esonerato, non può essere un caso) o Alessandria. Così come è vero, questa squadra con nove vittorie esterne ha già scritto una pagina di storia, ma ha qualità e mezzi per crearne una del tutto nuova e andare davvero lontano.
Siamo, è vero, inaspettatamente arrivati a cullare un sogno condiviso: l’avere ora pressioni è solo un merito. Della squadra, della società, di Inzaghi. Sì, anche e soprattutto del tecnico, che ha sposato la causa non da mercoledì scorso col faccia a faccia col presidente, ma in estate, quando ha tenuto la barra dritta in ritiro tra giocatori che non arrivavano e direttori sportivi nelle porte girevoli. Ecco, davanti a tutto ciò, abbiamo faticato e fatichiamo a capire lo sfogo dello «Scida»: il rimarcare frasi, il togliersi non sassolini, ma scogli dalle scarpe.
Legittimo e umano per un allenatore visto quanto è successo, ma con una tempistica sbagliata. Quanto è uscito sul fatto che i pareggi rappresentino una catastrofe soprattutto in casa, sul progetto biennale e non «annuale», sul fatto che non vengano riconosciuti i giusti meriti ai suoi ragazzi aveva probabilmente ragione d’essere prima del match con l’Alessandria, per chiudere davvero un cerchio dopo quanto accaduto e aprirne un altro con dentro tutti. Adesso comunque, se capiamo bene, la riga è stata tirata. E allora, auspicando che si sia trattato niente più che di un’ultima scintilla del «fu cortocircuito» andiamo: il Brescia vince, viva il Brescia.
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