Balotelli a Belve: «Genoa scelta sbagliata, ora forse negli Usa»

Ciò che colpisce è il sorriso. E non è una cosa da poco, quando si parla di Mario Balotelli. In campo, nelle interviste, nei momenti più pubblici della sua carriera, quel sorriso è sempre stato raro, trattenuto, quasi proibito. E invece nello studio di Belve, davanti a Francesca Fagnani, arriva spesso, persino quando il racconto tocca temi delicati e anche quando la memoria affonda in episodi dolorosi. È il segno di un uomo che ha smesso di difendersi.
I ricordi
«Avrei potuto fare di più, ma sono felice», dice Mario, con una serenità che sorprende. Nessuna rabbia, nessun rimpianto. Balotelli si racconta come non aveva mai fatto: senza filtri, senza barriere. Il calcio, che per anni è stato casa e condanna, ora è diventato qualcosa da cui prendere le distanze: «Giocherò altri due o tre anni prima di smettere. Sarà un trauma atletico, ma quello che ruota intorno al calcio non mi mancherà».
Super Mario non veste più i panni del bad boy e ha ben chiaro cosa vuole dal futuro: «Fisicamente sto bene ma è difficile che giochi ancora in Italia o in Europa – ammette – forse potrei andare in America». Sul ritorno in Serie A, con la maglia del Genoa, ha pochi dubbi: «Ringrazio i tifosi che mi vogliono bene, ma ho fatto una scelta sbagliata per il tipo di società». I ricordi si affacciano uno dopo l’altro. José Mourinho che «racconta sempre dell’espulsione all’andata con il Rubin Kazan, ma non parla mai del gol e assist al ritorno». Il fallo di Francesco Totti. «È vero, gli ho scritto “perché mi hai tirato quel calcio”. Mi ha risposto “E non ti ho nemmeno preso bene”».
In Nazionale
C’è spazio anche per la Nazionale: dall’esultanza iconica del 2012 in Italia-Germania, definita «una tamarrata» all’essere diventato capro espiatorio ai Mondiali 2014 «Si gioca in 11. Tanti sono grandi e grossi ma poi si nascondono facilmente». Mario Balotelli non è mai stato semplice da raccontare. Troppo spesso è stato frainteso, giudicato, incasellato. Ma in questa intervista – la più vera, forse la più libera della sua carriera – si concede davvero. Non per cercare consenso, non per rimediare a qualcosa. Solo per essere sé stesso, con tutta la sua storia sulle spalle e, finalmente, un sorriso sulle labbra.
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