Il Brescia e quella specializzazione in rimonte e gol all’ultimo

Brescia di ferro, Brescia di fuoco. Brescia delle rimonte, della panchina d’oro e dei gol in zona 90°. Brescia che ha subito il controsorpasso in testa del Lecce, ma poco cambia perché sabato con la Cremonese arriverà l’ora di obliterare il biglietto d’ingresso nella fase degli scontri: lì si parrà la nobilitate. Nel frattempo, il Brescia ha «ingannato» l’attesa, con la rocambolesca vittoria contro il Perugia.
Un successo avventuroso, faticoso soprattutto nell’andare a concretizzare, a tratti pure spericolato: però meritato.
Un successo, come lo ha definito sui social Inzaghi «chiave per il notro cammino» E dentro il quale c’è stato tutto un condensato del Brescia, tra vizi e virtù, con lo spaccato finale degli ultimi 10’ rappresentativi di quel che è la squadra di Inzaghi. È la squadra di Inzaghi, appunto.
Da mesi coltiviamo una sensazione: che la banda con la «V» bianca viva in una specie di simbiosi emotiva con il proprio allenatore. Non ci fosse questa connessione, non si arriverebbe mai a commentare una partita come quella contro il Perugia, o un’altra delle altre nove precedenti - mezze o intere che siano state - rimonte. Che sono l’assoluta specialità di una casa che il tecnico di Piacenza ha costruito a sua immagine. E nella quale si respira un profumo di anima forte. Un valore aggiunto, montato in un quadro di altri valori che fanno la differenza.
A volte capita che quell’anima di cui sopra non trovi al primo colpo il vestito giusto da indossare sul campo perché prima o poi il capo giusto se lo ritrova comunque in mano per arrivare a fare un figurone: perché c’è il phisique du role. È spesso illogico nel suo «svolgimento» il Brescia: è una squadra nella quale l’istinto e le trovate geniali (tra mosse dalla panchina e slanci dei singoli) arrivano prima di un inquadramento razionale che è ormai inutile andare cercando.
Il più delle volte leggere i numeri delle partite delle rondinelle non è sufficiente: molte volte il senso del Brescia è in una rosa ampia e variegata, ma non completa per cui chiudere un solo cerchio tattico è difficile e che però allo stesso tempo consente di disegnare sempre cerchi nuovi dentro i quali si alternano i protagonisti.

E così, se fino a tre partite fa ci sembrava ci fosse una certa dipendenza da Tramoni, adesso l’uomo irrinunciabile è il «papà» di tutti, Rodrigo Palacio che ha ritrovato uno smalto incredibile: un esempio da seguire anche per la reazione parlata solo attraverso il campo rispetto al suo essere (o essere stato) molto inviso a Cellino. I pofessionisti di un’altra categoria, fanno così.
Mentre il Brescia, fa che coltiva al meglio le proprie doti. È una squadra che molto spesso viva la partita più come una maratona dove non conta come si parte, ma come si arriva. E come detto, quella con il Perugia è stata la decima rimonta (la prima completa in casa) della stagione: altri gioielli da tre punti in questa maniera furono anche quelli di Ascoli e Vicenza. Poi, sette pareggi.
Il rovescio della medaglia porta a considerare che c’è spesso purtroppo bisogno di prendere uno schiaffo o più prima di ingranare: ma fa parte del pacchetto, prendere o lasciare. Tre minuti, nel finale, sono serviti per ribaltare il Perugia e a proposito di finali, se 13 sono le reti messe a segno negli ultimi 15’, tra queste, addirittura 7 sono arrivate tra l’87’ e il 93’. E dieci (4 solo di Moreo) sono stati i gol trovati con i panchinari. Con già 14 punti trovati nelle riprese. Brescia di ferro e di fuoco.
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