Cellino-Inzaghi: il «C’eravamo tanto amati» che domenica torna in scena

Non sempre le ferite si rimarginano del tutto. O perché ciò avvenga ci vuole evidentemente tempo, davvero tanto tempo. La storia tra Brescia e Pippo Inzaghi ne è la prova, le parole rilasciate nelle ultime interviste dal tecnico non fanno che confermare che sì, un po’ di sangue da quella ferita brucia ancora. «Quando vieni esonerato due volte in zona serie A con una pec, senza una telefonata, violando una clausola, è ingiusto. Peccato, si poteva costruire qualcosa», ha detto dieci giorni fa alla Gazzetta. Mentre il giorno della presentazione al Granillo, coi gradi di nuovo tecnico della Reggina, sottolineò: «La mia carriera non merita certe bastonate che ho preso, noi allenatori dobbiamo essere rispettati».
Da ieri a oggi
E così pensando a domenica alle 15, a quando rimetterà piede sul terreno del Rigamonti, le domande sono tante. Con che spirito lo farà? Da 1 a 10 quanto sarà il suo spirito di rivalsa? E come verrà accolto dal popolo biancazzurro?
Se il domani aspetta risposte, ripensare a ieri fa tornare alla memoria l’estate del 2021, l’angolo tra via Solferino e via Ferramola, la sede del Brescia Calcio, Pep Clotet che apre la porta e se ne va lungo la strada (classico esempio di «Questo è un arrivederci e non è certo un addio», visto col senno di poi), Pippo Inzaghi che quella stessa porta la chiude per raggiungere a pochi metri lo store del Brescia Calcio ed essere ufficialmente presentato. Sorridente come Massimo Cellino, accolto da un ambiente in fibrillazione per avere in biancazzurro «Pippogol». Una cosa è certa: nell’era Cellino all’ombra del Cidneo, forse soltanto Eugenio Corini, «uomo di casa», ha goduto dello stesso affetto che i tifosi hanno riservato a Inzaghi. Ci sta quando hai una storia calcistica che parla per te, fatta di vittorie nei club e in Nazionale, oltre ad una promozione dalla B alla A con il Benevento conquistata di fatto in inverno. E allora selfie, richieste di autografi, cori, sono all’ordine del giorno fin dal ritiro a Darfo.

«Sono stato conquistato dal progetto, Cellino mi ha fatto sentire molto importante», dice Inzaghi. Che a rileggere oggi queste parole fa effetto... Tutto quindi profuma come una rosa, ma le prime spine spuntano proprio già nel ritiro, tra direttori sportivi che vanno e vengono, direttori dell’area tecnica che fanno lo stesso tragitto, giocatori che sembrano arrivare e poi svaniscono. Eppure la stagione parte bene in campionato, il Brescia vince e convince nonostante il pari interno col Crotone (avanti 2-0, poi 2-2 beffardo) faccia suonare un campanello d’allarme.
La ferita aperta
L’impressione col passare del tempo è che serva un filtro tra Cellino e Inzaghi e quel filtro ha il nome di Francesco Marroccu, al quale si addice la definizione di «normalizzatore» (ma mesi dopo visto da Inzaghi quasi come un «nemico», forse più del presidente). Ruolo però non facile, se ci si trova in mezzo a Cellino e Inzaghi. Tocca comunque a Marroccu mettere le pezze alle prime falle di dicembre, tra botta e risposta e voci su Venturato. La «pace del the caldo» dura poco, nonostante l’andata sia chiusa a un punto dalla vetta. Perché da gennaio è in poi è caos totale: Inzaghi viene esonerato per far posto a Lopez che non arriva. Quindi Pippo resta ma la squadra non gira e il pareggio col Pordenone già retrocesso è il manifesto di una situazione in cui si prova a chiudere la stalla mentre i buoi sono a un chilometro di distanza.
Per le ultime sette giornate arriva Corini, Inzaghi promette battaglia legale, che viene evitata con un accordo a fine maggio 2022 tra il tecnico e Cellino. Ma la ferita è aperta e il mare di Reggio non l’ha cicatrizzata. Già, chissà come arriverà domenica al Rigamonti...
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