Calcio

Caracciolo di nuovo in volo sul Rigamonti: «Indescrivibile»

Prima della gara del Brescia il sentito omaggio all’Airone da parte dei quasi 9.000 sugli spalti tra applausi, cori d’altri tempi ed emozione
  • Festa grande al Rigamonti per l'Airone Caracciolo
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La rete, stavolta, non s’è gonfiata. Ma è come se quell’ultimo pallone fosse rotolato comunque in fondo al sacco. Per il suo 180° gol. Quello che era rimasto a rimbalzare amaro sulla riga di porta e che, tra l’emozione vera sua e di tutto lo stadio, quella striscia bianca di gesso l’ha varcata.

Andrea Caracciolo non scorderà facilmente quei 15 minuti che hanno preceduto la sfida tra Brescia e Spal: gli applausi di tutti gli 8.710 presenti in piedi, i cori all’unisono («Segna per noi, Caracciolo!»), striscioni chilometrci («179 volte ci hai fatto esultare, ma è l’amore per la maglia che non potremo mai dimenticare. Grazie di tutto Airone» a firma della Nord; «Andrea for president» quello dei 1911 tornati sugli spalti; «418 volte grazie Airone» quello del club Vittorio Mero) e tutti quei brividi sulla pelle che in questo stadio, il suo stadio, non provava più da quel Brescia-Empoli del 23 maggio 2018, ultima partita a Mompiano (l’ultima in assoluto la settimana successiva in quel di Ascoli) della sua carriera con la maglia delle rondinelle addosso.

Il «Caracciolo day» è stato vissuto dall’Airone in una sorta di bolla, come da lui stesso ammesso nell’intervallo del match. «Non ricordo niente di quello che è successo, talmente era forte l’emozione, impossibile da descrivere. Me ne renderò conto pian piano, magari vedendo i video di questa giornata...». Una giornata iniziata già nell’immediato dopo pranzo quando, sotto la curva all’esterno dello stadio, ha incontrato circa 200 tifosi della Nord che non potevano essere presenti poi all’interno dell’impianto: cori, bandiere e sciarpe, per iniziare a colorare di biancoblù l’atmosfera che aspettava il miglior cannoniere della Leonessa, omaggiato poi di una targa ricordo. Poi, tre ore dopo, la celebrazione sull’erba del Rigamonti: due ali di bambini, quelli che si erano prenotati nei giorni scorsi allo store societario, con la maglia numero 9 addosso facevano da corridoio per il suo ingresso in campo.

«Quando sono entrato, mi sembrava il momento in cui stavo per calciare il rigore contro il Torino (finale play off del 2010, ndr), mi tremavano le gambe». Con lui, la moglie e i due figli, mentre alzava al cielo una teca che racchiudeva una maglia celebrativa che riportava la scritta «Caracciolo 179 grazie». E quella corsa verso la Nord che lo chiamava a gran voce per quell’ultimo volo sbattendo le ali sulla balaustra dietro la porta («Mi hanno aiutato a salire? Ma no - afferma ridendo -, è perché avevo il vestito stretto...»), come nei giorni migliori. Quei giorni terminati come mai avrebbe voluto nell’estate di quattro anni fa e che il doveroso omaggio del Brescia calcio ha finalmente reso indimenticabili. La chiusura di un cerchio? Non per Andrea: «No, non è chiuso nemmeno adesso, perché questo è un cerchio impossibile da chiudere. Non si può chiudere Caracciolo e Brescia».  

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