Caracciolo: «Col Lume il mio secondo tempo»
Da una fine si inizia. E per un volo che è stato a planare dolcemente, c’è un nuovo cielo da conquistare. Andrea Caracciolo ha detto stop, ma allo stesso tempo anche pronti-via. E così, non solo ha fatto meno male, ma anzi: «Sono contento. Ero stanco. Non del pensiero di dover giocare una partita, ma dell’idea degli allenamenti. Li soffrivo troppo. E non sono dispiaciuto nemmeno di non aver giocato una gara d’addio. Nel mio piccolo avevo sempre sognato di andarmene "alla Totti", ma visto che non è stato possibile, va bene così».
Era già tutto scritto
Nulla è una notizia: non che il 40enne Airone per sempre abbia deciso di smettere di giocare e nemmeno che sia ufficialmente il nuovo direttore sportivo del Lumezzane Vgz. Era tutto già scritto. Solo che ieri, con la piccola cerimonia che è andata in scena negli uffici della Camozzi Group, c’è stata la presa d’atto della fine di una vera epoca calcistica di città e provincia. Soprattutto, naturalmente, della città: per 12 anni, in quattro riprese, Caracciolo è stato il Brescia, il Brescia è stato Caracciolo. Ci sono stati, in ordine sparso, il Palermo, la Samp, il Genoa, il Perugia, il Novara e prima ancora la Pro Vercelli e poi la FeralpiSalò e il Lumezzane tra i dilettanti (contro il CazzagoBornato, di sinistro, la sua ultima rete di sempre) a conclusione di una carriera da 741 volte in campo con 257 gol. Solo col Brescia sono state 418 presenze con 179 gol. Dei quali, 132 in serie B.
Ciò che lo pone al terzo posto dei marcatori all time della serie cadetta: «Ecco: quei 3 gol che mi sarebbero serviti per il primo posto, mi sono rimasti qui...però mi tengo stretto il fatto di averli segnati quei 132 con la stessa maglia».
Quella che lo faceva sentire come un supereroe: averla persa in maniera traumatica nel 2018 lo ha fatto sentire a lungo nudo: «Oggi anche se il cerchio emotivo col Brescia non si chiuderà mai e il Rigamonti lo sento sempre casa mia, mi sento in pace. Grazie al Lumezzane e a Camozzi che mi hanno ridato sorriso e passione...Ma per un anno e mezzo da quell’estate 2018 ho avuto gli incubi di notte...Devo essere onesto: forse mentalmente avevo smesso dopo la fine col Brescia. Mi dispiace perché a farne le spese è stata la FeralpiSalò. Tornando indietro forse avrei dovuto riflettere meglio prima di scegliere il Salò». Caracciolo aveva già deciso che alla fine di questa stagione avrebbe smesso di giocare.La scelta
Ma in realtà lo stop è arrivato prima: «Il 3 marzo scorso mi sono infortunato. Lo stesso giorno del 2002 segnai la mia prima doppietta col Brescia contro il Piacenza. Ho pensato fosse un segno del destino. Allora ho ritirato le mie cose dall’armadietto e ho iniziato subito a fare il diesse: ho preso a girare i campi delle giovanili. Mi piace molto, credo di saper riconoscere il talento anche se dovrò fare un passo alla volta: inizio anche a capire cosa significhi avere la responsabilità di scelte e persone. Io allenatore? Mai pensato di poterlo fare».
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A proposito di allenatori: «Iachini, tra i tanti, è colui che mi ha dato un qualcosa in più. Scontri con i tecnici? Con tutti...Ma di un fatto mi pento: non avrei mai dovuto spintonare Ivo Iaconi. Litigammo perché dopo un ko ci diede un giorno libero e io invece volevo che ci allenassimo». E scontri con i compagni? «Ricordo che a Carpi per uno screzio in campo tentai di dare un pugno a Budel...Poi facemmo pace».
Inutile bussare a ricordi sul gol più bello: Caracciolo rimuove tutto: «Più che altro ricordo le sensazioni. Indimenticabile quella della finale promozione con il Torino...». Ma insomma: «Sono orgoglioso di ciò che ho fatto e Corioni a parte, devo ringraziare anche Gianluca Nani che ebbe la forza di credere in un ragazzino che a Vercelli fece zero gol. Avrei potuto avere più soldi con scelte di carriera diverse: ma io sono più contento di avere il rispetto e l’affetto di una città. È inestimabile. Ora, sono in una nuova famiglia e se oggi sono qui e ho una grande opportunità è per una telefonata che mi fece Piero Serpelloni (il mago dei muscoli dei campioni, ndr) che mi chiamò per chiedermi consiglio su un giocatore da portare al Lume. Io chiesi "in che categoria gioca il Lumezzane? E da lì partì questo film». Fine. Inizio.
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