Calcio

Brescia, fatica a emergere la qualità di elementi importanti

Fabrizio Zanolini
Bianchi, Bjarnason e D’Andrea sono stati spesso relegati in panchina per scelta tecnica, discorso diverso per Galazzi che ha saltato quasi metà stagione per infortunio
Per Flavio Bianchi minutaggio ridotto rispetto alla scorsa stagione - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it
Per Flavio Bianchi minutaggio ridotto rispetto alla scorsa stagione - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it
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L’equilibrio tra i reparti, certo. Ma anche «primo, non prenderle». Regole non scritte del calcio che, bene o male, tutti gli addetti ai lavori seguono. Eppure, c’è anche un’altra regola non scritta che dice che «i giocatori bravi devono giocare». Semmai, è compito dell’allenatore farli coesistere il più possibile senza, chiaramente, rimetterci in equilibrio generale. Sono però molteplici i casi in cui in panchina, nelle varie squadre di A e di B (tanto per considerare i due maggiori campionati), siedono spesso parecchi elementi talentuosi a scapito di colleghi più solidi, ritenuti più utili alla causa.

Il Brescia dell’ultimo periodo non fa eccezione. Basta scorrere i nomi delle riserve per capire che le scelte di Maran, vuoi per la delicatezza del momento, vuoi per legittime convinzioni tecnico-tattiche, vanno in questa direzione. Indipendentemente poi da quello che è successo durante il match (l’inopinata espulsione di Cistana che ha lasciato le rondinelle in dieci per oltre un’ora di partita), alzi la mano chi, alla lettura della formazione iniziale, non ha storto un po’ il naso vedendo ancora i vari Bjarnason, Galazzi, D’Andrea e Bianchi relegati tra le riserve.

È indubbio che, con l’avvento delle cinque sostituzioni, esista una partita dentro alla partita: poter cambiare nell’arco dei 90 minuti metà dei giocatori di movimento e così pompare in campo diverse forze fresche (almeno dal punto di vista fisico) condiziona anche le scelte iniziali. Però, non sempre (eufemismo) le partite si incanalano nel giusto binario e il compito di chi subentra può farsi più arduo. L’esempio di come cambino le cose sono i primi due dei nomi sopra citati.

I giocatori

Il biondo islandese ha esperienza e classe da vendere, ma la sua carta d’identità, evidentemente, è un fattore che viene considerato al momento delle scelte. Seppur Maran avesse cominciato a prenderlo più in considerazione prima del suo esonero, dopo il ritorno alla guida del Brescia il vichingo è stato utilizzato per spiccioli di match, sei volte nelle ultime undici.

Bjarnason in campo allo Stirpe durante Frosinone-Brescia - Foto New Reporter Maffia © www.giornaledibrescia.it
Bjarnason in campo allo Stirpe durante Frosinone-Brescia - Foto New Reporter Maffia © www.giornaledibrescia.it

Una volta il jolly di centrocampo non è neppure entrato in campo (ed una l’ha passata in albergo con la febbre). È stato solo titolare con Südtirol e Frosinone, riuscendo comunque a realizzare quattro gol nei 588 minuti passati in campo.

Per Galazzi il discorso è diverso. Assente per infortunio in 14 delle 33 giornate fin qui andate in archivio, è tornato disponibile solo negli ultimi 180 minuti, giocandone però solamente 29 in totale. Mancherà, come logico, di minutaggio nei muscoli, ma è difficile prescindere dalle sue caratteristiche e dal suo mancino.

Degli ultimi due si sono perse un po’ le tracce. Per D’Andrea, mancino partenopeo, solo tre spezzoni finali nelle ultime cinque. Colpa del cambio di modulo avvenuto dopo il suo passaggio dal Sassuolo al Brescia nel mercato invernale (con tutta probabilità, per sostituire l’allora infortunato Galazzi), quando i biancazzurri si schieravano ancora con il tridente d’attacco.

Luca D'Andrea è sceso nelle gerarchie di Maran - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it
Luca D'Andrea è sceso nelle gerarchie di Maran - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it

Pesa, forse, pure un calo di gradimento nei suoi confronti da parte di Maran. Sta di fatto che l’unico nuovo arrivo di gennaio vede poco il campo. È vero che tatticamente è probabilmente poco diligente, ma non si può negare che sia uno dei pochi (pochissimi) che punta l’uomo per saltarlo, creando – quando gli riesce – quella superiorità fondamentale a creare spazi e occasioni.

Per Bianchi, invece, la presente stagione è diametralmente opposta a quella passata, quando fu sempre presente (la maggior parte delle volte come titolare) in tutte e 38 le partite, sommando 2.230 minuti in campo contro i soli 435 messi insieme quest’anno, quando per ben 13 gare (più una da acciaccato) non è stato chiamato in causa. Solo in tre casi (a Reggio Emilia, a Castellammare e a Bari) è partito nell’undici iniziale. Tante volte è stato utilizzato soltanto nei finali. Difficile capire il perché di questa involuzione o il perché di questo calo di gradimento.

Il punto

Di certo, come in tutti gli altri casi sui quali ci siamo soffermati, è palese che sia il tecnico colui il quale ha il reale polso della situazione. È Maran, insomma, che ha la rosa sotto agli occhi tutti i giorni. Ma è altrettanto vero che quel po’ di qualità che il Brescia ha rimane spesso seduto in panchina. Certo, serve il giusto equilibrio. Quello che l’allenatore trentino deve trovare, con un po’ di coraggio e forse maggior spregiudicatezza, per uscire dalle sabbie mobili.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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