Calcio

Addio a Vialli, Mario Montorfano: «Siamo cresciuti insieme»

Le parole del difensore bresciano, ma bandiera della Cremonese nella quale è stato compagno del campione mancato ieri
Vialli e Montorfano compagni di squadra alla Cremonese - © www.giornaledibrescia.it
Vialli e Montorfano compagni di squadra alla Cremonese - © www.giornaledibrescia.it
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«Sono fortemente emozionato. Come tanti ex compagni di squadra della Cremonese, ero pienamente a conoscenza della gravità della situazione ed ero preparato perché avevo notizie fresche, ma non pensavo che questo momento sarebbe arrivato così presto, come non lo pensava tanta gente che gli ha voluto bene».

Mario Montorfano, difensore bresciano ma bandiera della Cremonese nella quale è stato compagno di un poco più giovane Gianluca Vialli, ha la voce rotta dalla commozione dopo aver ricordato gli anni insieme in grigiorosso.

Che persona era Vialli?

«Era unico. Io sono di poco più vecchio di lui, ma in pratica siamo cresciuti insieme. Quando era negli Allievi, io ero nella Berretti, quindi ci siamo ritrovati in prima squadra ed abbia condiviso la camera in ritiro per tre anni. Come calciatore è anche inutile parlarne, si vedeva che era di un altro livello, di estremo talento e classe, nel dribbling e nella capacità di capire dove l’azione sarebbe arrivata, e per lui parla la carriera che ha avuto. Come uomo era una persona intelligente ed umile, perché non ha mai fatto pesare né le sue doti né il suo valore. Veniva da una famiglia che conosco bene, di grande spessore e di grande educazione. Quella che aveva anche lui».

Quanti ricordi, quante partite insieme...

«Vero, però in questo momento vengono in mente soprattutto i momenti degli allenamenti, quelli nei quali ci si divertiva moltissimo. Eravamo una banda di giovani, piuttosto scapestrati, che Mondonico faticava a governare, perché ne combinavamo parecchie, soprattutto a magazzinieri e massaggiatori, anche se quando si entrava in campo eravamo tutti seri e concentrati».

Con Vialli in squadra la Cremonese ha ottenuto grandi risultati...

«L’esordio in C1 lo aveva fatto con Vincenzi allenatore, ma fu Mondonico a farlo diventare grande dopo aver intuito tutte le sue potenzialità, anche se in quegli anni era fisicamente un uccellino, non ancora il centravanti possente che sarebbe diventato alla Samp e alla Juventus. Con lui in serie B prima ci salvammo, poi perdemmo gli spareggi contro Catania e Como, infine conquistammo la storica promozione in serie A. E lui spiccò il volo trasferendosi alla Sampdoria».

Che ricordi ha di quelle stagioni?

«Il nostro era un bellissimo gruppo e lo dimostravamo in allenamento. Anche se una volta, in ritiro precampionato a Berceto (agosto del 1983), con Mondonico allenatore, proprio noi due ce le suonammo davvero tanto. Anche in partitella nessuno voleva perdere e ad un certo punto uno dei due colpì con forza l’altro: per una decina di minuti andammo avanti così fino a quando Mondonico non ci spedì sotto la doccia. Negli anni successivi, invece, quando si giocava contro la Samp o la Juventus, non l’ho mai marcato, perché Mondonico preferiva fosse marcato da Garzilli».

Dopo la Cremonese, per Vialli la Samp, la Juventus, il Chelsea, la Nazionale...

«Ha avuto una grandissima carriera: ha vinto in Italia ed in Inghilterra. Ci ha regalato grandissime emozioni. Credo, anche se non ne abbiamo mai parlato, che il suo rammarico sia stato quello di non essere stato al meglio ad Italia ’90, il Mondiale con Vicini allenatore. Poi però ha vinto campionati, Champions, ha vinto anche nel Chelsea e pure da allenatore. Ma penso che quello di Italia ’90 sia stato il suo grande rimpianto».

Negli ultimi anni, infine, la malattia...

«Dopo che per qualche tempo ci eravamo un po’ persi di vista, proprio la malattia ci ha fatto ritrovare. Ero in collegamento con lui, ci chiamavamo, ci mandavamo dei video nei quali ricordavamo gli anni insieme, manifestavamo l’un l’altro l’affetto e la stima che ci sono sempre stati. Però questa notizia mi lascia un grande vuoto».

Cosa resta di Vialli nel mondo del calcio?

«La sua immagine, valorizzata anche dagli ultimi impegni con la Nazionale, nei quali ha dimostrato grande carattere e gioia di vivere. Era fondamentalmente innamorato del calcio e sono convinto che l’aver aderito a quel progetto della Nazionale che poi è diventata campione d’Europa, esserne stato uomo importante nello spogliatoio come si capisce da quelle parole alla squadra prima della finale, gli abbia dato linfa vitale e sostegno per affrontare la malattia. È stato uno spot del calcio italiano e credo che abbia ricevuto affetto, considerazione e stima non solo dalla città di Cremona, della quale è stato un simbolo, non solo dalle squadre per le quali ha giocato, ma da tutti i tifosi del calcio, non solo italiani. Ma lascia un vuoto non indifferente...».

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