Brescia-Monza, sfida senza fine Cellino-Galliani

Sono amici per la vita. Nel senso letterale della parola visto che «A capodanno 2006 a Miami lo salvai: bevve tre Martini di fila e per il caldo svenne. Quando in ospedale si risovegliò e mi vide chiese "sono morto?" Scoppiammo a ridere e il giorno dopo ci mangiammo su».
Il soccorritore-narratore era Adriano Galliani, il soccorso Massimo Cellino. Brescia-Monza di domenica alle 16.15 è prima di tutto - il presente vince sempre - un big match assoluto, ma è anche una storia di mille incastri calcistici. Di battaglie soprattutto: sul campo, come sui tavoli di Lega. Forse proprio più nelle stanze dei bottoni: dove tra un punto di vista condiviso e un’urlata è nata la sfida infinita tra gli ami-nemici Cellino-Galliani. Che dopo qualche anno di pausa tra la parentesi inglese del presidente del Brescia e l’addio al Milan del senatore amministratore delegato del Monza, si sono ritrovati un anno fa in serie B (blitz del Monza al Rigamonti, viceversa allo U Power).
Quest’anno con l’obiettivo comune: la riconquista della serie A e di un posto al tavolo del grandi per tornare a discutere dei massimi sistemi e soprattutto del destino del calcio italiano. Un sogno che allo stesso tempo ravviva tanto il sodalizio umano quanto la rivalità calcistica. Una stima, quella tra i due dirigenti di lunghissimo corso, che non venne meno nemmeno quando nel 2020 si ritrovarono divisi sul tema della ripartenza post pandemia: Cellino, col Brescia allora appeso a un filo in serie A, era schierato sul fronte del no mentre Galliani, col Monza straprimo in serie C voleva ripartire a tutti i costi.
«Se serva che il Brescia retroceda per salvare il calcio, io retrocedo e ci vado a testa alta in B. Galliani è il mio maestro e ho imparato tutto da lui e dal suo Milan. Ha 20 punti in più col Monza in C, mi metto nei suoi panni e ha ragione: bisognerebbe trovare una soluzione apposita». Si ripartì e la storia è nota.
Anche sull’utilizzo del Var si sono sempre trovati divisi con Galliani favorevole e Cellino contrario perché «snatura il calcio». La sintonia tra i due è però consolidata e inscalfibile. E tutto ebbe origine quando Cellino, da patròn del Cagliari, concesse a Massimiliano Allegri il via libera per andare al Milan con cui avrebbe subito vinto lo scudetto. I due furono poi protagonisti nell’affaire David Suazo: era al Cagliari e già promesso all’Inter, dopo una cena Cellino-Galliani dalla sera alla mattina si ritrovò virtualmente del Milan.
Scoppiò una bufera e alla fine fu comunque l’Inter a spuntarla per la volontà di Suazo di rispettare un accordo già trovato. Galliani e Cellino - si ritrovano adesso uniti anche dalla devozione alla Madonna a cui Cellino ha consacrato la cappella di Torbole e l’ad del Monza ha invece riscoperto - come lui stesso ha dichiarato - un anno fa dopo aver temuto di morire a causa del Covid. Del ’44 il dirigente del Monza, del 56’ il presidente del Brescia in comune hanno pure il segno zodiacale del leone. Lo stesso di Pippo Inzaghi, ulteriore trait d’union tra di loro.
Perché Galliani è pazzo di Pippo col quale si ritrova nell’ossessione per il calcio («a lui quando giocava chiedevo anche pareri sui giocatori per il mercato visto che sapeva tutto» e al quale non a caso non esitò ad affidare la panchina della prima squadra del Milan. E aveva pensato a lui anche in estate, dopo l’addio di Brocchi al Monza. Il triangolo della stima, si ricomporrà domenica.
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