Sci, Franzoni pronto a ricominciare: «Sono più paziente e affamato»

Dove eravamo rimasti? SuperG di Wengen, 13 gennaio scorso: Giovanni Franzoni cade rovinosamente, finisce nelle reti e chiude con grande anticipo la sua stagione di Coppa del Mondo. Quello che pareva solo un grande ruzzolone, in realtà nascondeva la rottura dei flessori della coscia sinistra. Tre tendini strappati hanno portato il gardesano in fretta e furia in Finlandia per farsi operare a Turku dal dottore Lasse Lempainen, un luminare in quel campo.
Domenica, nove mesi e tre settimane più tardi quella rovinosa scivolata sul leggendario Lauberhorn, lo sciatore polivalente di Manerba del Garda è pronto al gran ritorno in Coppa del Mondo nel gigante di Sölden che apre la stagione al maschile del massimo circuito sciistico a livello planetario. «Una sfida», come la chiama lo stesso Franzoni, anche perché è come se fosse tornato indietro di tre anni, ai tempi dell’esordio tra i grandi: avendo fatto 10 gare l’anno scorso, pur con lo status di infortunato, non ha potuto «congelare» i suoi punti Fis (ne avrebbe dovute disputare al massimo 8), ragion per cui ha fatto notevoli balzi indietro nel ranking internazionale.

Come ci si sente?
«Sono pronto. Parto da dietro e un po’ sinceramente mi girano, ma già il fatto che posso esserci mi rende felice. Fondamentalmente riparto da zero, ma non posso farci niente e lo devo accettare. A dirla tutta quest’estate nemmeno avevo i punti per questa gara, poi con un paio di giganti in Argentina (con un nono posto alla Coppa Sudamericana a Cerro Castor, ndr) mi sono dato la possibilità».
Come è stato riprendersi dall’infortunio?
«Mi sento bene e sinceramente solo ora ho accusato un po’ di mal di schiena. Le gambe mi hanno dato poco fastidio. E nei test di forza ho avuto risultati migliori degli altri anni».
Ha parlato con qualcuno di come affrontare il ritorno?
«Sinceramente no, ma la cosa più dura è stata la riabilitazione».
In che senso?
«Ne sono uscito solo sbattendoci la testa. Sono mesi duri, tribolati, non c’è via di fuga e ne esci solamente con la disciplina. Per forza di cose ho messo tutto in dubbio, anche lo sci. Ma ho capito che è quello che voglio fare ancora. Questo periodo mi ha insegnato ad essere più paziente. E più affamato».
Cosa si aspetta dalla stagione?
«Partirò col pettorale 65-70, mai capitato. Prendo quello che viene. Ma mi aspetto di raccogliere più dell’anno scorso (una top 30 in superG e una in discesa, ndr). Ho seminato molto, cerco di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle come non sempre ho fatto nell’ultima stagione. Ho più consapevolezza».
La polivalenza resta la via da seguire?
«Assolutamente sì, faccio ancora tre discipline. Ma dovrò fare anche Coppa Europa per abbassare i punti, quindi magari servirà una gestione più oculata sulle discese: farò quelle più tecniche e non quelle di pura velocità».
Ha sempre detto di avere una famiglia non troppo espansiva nei momenti felici. Come ha vissuto questo periodo duro?
«Il giorno dell’infortunio mio padre scherzando mi ha detto: "Bene, sei pronto per venire in ufficio". Mia madre mi è stata vicina. Ma quando ho iniziato la riabilitazione mi sono preso un appartamento e me ne sono andato via da casa, avevo bisogno di starmene per i fatti miei. Ora sono tornato, anche perché ricominciando ad essere in giro non li vedevo più altrimenti».
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