Mandante degli spari e basista per la rapina: la doppia vita del dipendente delle Poste
La criminalità organizzata non c’entra. E non c’è neppure l’ombra dell’estorsione. Dietro gli undici colpi di kalashnikov sparati la notte del 23 gennaio contro la vetrata del poliambulatorio medico Med360 di Palazzolo c’è un intreccio amoroso e una vendetta dettata dalla gelosia. Quella di un dipendente delle Poste che gli inquirenti hanno scoperto avere una doppia vita.
Lui e l’uomo che materialmente ha impugnato l’arma da guerra sono stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere dopo mesi di indagini da parte dei carabinieri.
Il mandante
Giovanni Utzi, calabrese di 47enne residente a Palazzolo e impiegato nel locale ufficio postale, è ritenuto il mandante dell’intimidazione armata. Aveva una relazione extraconiugale con una donna assunta nel centro medico e sorella di uno dei due titolari il quale avrebbe provato a bloccare la storia clandestina. Utzi era convinto che la sua amante avesse un rapporto troppo stretto con il socio più giovane del poliambulatorio. A fare il nome del calabrese erano stati proprio i responsabili della struttura medica che avevano già subito minacce da parte del dipendente delle Poste.
«Nonostante la sua incensuratezza è da ritenersi soggetto estremamente pericoloso in quanto dotato della disponibilità di armi da guerra, strettamente legato a soggetti pluripregiudicati, nonchè capace di gravi azioni ritorsive» scrive il gip. È lo stesso Utzi, senza saperlo, a confessare di essere il mandante degli spari contro la vetrina del Med360. Lo fa il 23 marzo parlando con l’amante su un’auto imbottita di cimici. «Mi hanno detto di andarmene per un po’ e credimi ieri me ne stavo andando, per far calmare le acque. Quello che è successo l’ho fatto io per ripicca verso tuo fratello che non accettava la nostra relazione». Ma a sparare non è stato lui.
L’esecutore materiale
Utzi ha infatti armato un complice, il 45enne Giacomo Capra, residente a Desenzano anche se ufficialmente è senza fissa dimora e che lo scorso 27 aprile è stato arrestato per una tentata rapina ad un supermercato di Coccaglio. Nel corso dell’interrogatorio aveva ammesso le proprie responsabilità in merito all’intimidazione di Palazzolo: «Ho esploso colpi di kalashnikov contro la vetrata di un ambulatorio medico a scopo intimidatorio, su mandato di un conoscente che mi aveva contattato di persona e mi aveva offerto denaro per commettere il reato».
Agli inquirenti non aveva voluto fornire il nome del mandante, ma ha spiegato di aver recuperato l’arma dietro un cassonetto nella periferia di Brescia e di averla poi abbandonata all’interno di un’auto data alle fiamme. Oltre alla confessione, lo inchiodano anche le immagini: Capra era stato infatti immortalato dalle telecamere di sicurezza mentre esplodeva i colpi di kalashnikov. Sul mandante e sull’esecutore materiale il gip, disponendo l’arresto in carcere, scrive: «Sono soggetti dotati di elevata caratura criminale e dimostrano, da un lato, la disponibilità - diretta o indiretta - in capo a Utzi di armi da guerra dall’elevatissimo potenziale offensivo e, dall’altro lato, l’estrema disponibilità di Capra ad eseguire, senza porsi scrupoli, le direttive criminose da altri ricevute».
Il colpo

La donna della quale era geloso, alla fine lo ha tradito. Non con un altro uomo, ma con le forze dell’ordine.
É il 23 gennaio scorso quando, sentita per gli spari alla vetrina del poliambulatorio in cui lavora, l’amante di Giovanni Utzi, il dipendente delle Poste mandante di quell’intimidazione a colpi di kalashnikov, ai carabinieri dice: «Voglio liberarmi definitivamente di un peso che ho sulla coscienze da un po’ di tempo». E riporta le lancette delle indagini al 30 luglio 2020, il giorno della rapina all’ufficio postale di Palazzolo fruttata 217mila euro. E punta il dito proprio contro Utzi. «Poche ore dopo quel colpo mi consegnò per custodirla una mazzetta di denaro composta da banconote da 50 euro e il giorno dopo mi aveva espressamente rilevato di aver collaborato alla rapina consentendo l’ingresso dei rapinatori all’interno dell’ufficio postale» fa mettere a verbale la donna.
Utzi era vice direttore della filiale e all’amante confessò: «Secondo te, chi li ha fatte entrare?».Poi, secondo quanto ricostruito, le consegnò una borsa con dentro 42mila euro in contanti, vale a dire una parte del bottino del colpo all’ufficio postale in cui lavorava. «Richiesta che la donna decideva di assecondare» ricorda la Procura, che ha iscritto l’amante di Utzi nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento, mentre il dipendente infedele delle Poste, in carcere da ieri, deve rispondere di concorso in rapina con Rosario Polimeni, 59enne calabrese residente a Castrezzato, anche lui in cella, con un 57enne di casa a Romano di Lombardia e con altre due persone ancora non identificate.
La rapina
«Ha ricoperto il fondamentale ruolo di basista nella rapina commessa ai danni dell’ufficio postale presso cui egli lavorava» scrive il gip, riferendosi a Giovanni Utzi, nell’ordinanza di custodia cautelare.
Già prima delle parole dell’amante, il dipendente dell’uffio postale era finito nel mirino degli inquirneti. «I malviventi erano riusciti ad entrare alle Poste approfittando dell’apertura del cancello contestualmente all’ingresso di Utzi ed egli era stato colui che materialmente aveva aperto lo sportello del bancomat e consegnato le cassette contenenti i contanti. Tali elementi hanno fatto concentrare le prime attività investigative su di lui» ricostruisce il gip.
Che aggiunge: «Nel corso delle indagini dopo gli spari alla vetrina del poliambulatorio di Palazzolo, i carabinieri hanno ascoltato anche il padre dell’amante di Utzi che ha riferito di aver appreso dalla figlia che costei custodiva una borsa contenente il denaro sottratto in occasione della rapina del 30 luglio 2020 nella quale il dipendente delle Poste aveva avuto un ruolo fondamentale, consentendo l’ingresso dei malfattori».
Per diversi mesi poi Utzi e la moglie sono andati «di tanto in tanto - si legge dagli atti - presso l’abitazione dell’amante dell’uomo per prelevare parte della refurtiva». Fino al 12 settembre scorso, quando le due donne litigano perchè la moglie di Utzi scopre che chi custodisce il bottino non è solo una semplice amica del marito.
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