Dispersa nel lago d'Iseo, l'esperto: «Quella zona profonda fino a 110 metri»

Il primo corpo dalle acque del lago d’Iseo lo ha recuperato quando aveva soltanto 11 anni. Era il 1956 ed era uscito in barca insieme al padre, un pescatore di Pisogne. «In quel periodo, quando una persona annegava, era normale che i pescatori della zona dessero il proprio contributo per poter restituire alla famiglia il corpo del loro caro» spiega Remo Bonetti, fondatore e presidente del Gruppo soccorso Sebino volontari di Protezione civile di Pisogne.
Di anni ne ha 78 e di esperienze di questo tipo ne ha vissute davvero tante. E anche se non è impegnato in prima linea nella ricerca di Chiara Mercedes Lindl, la giovane tedesca scomparsa nelle acque del Sebino venerdì sera, il suo gruppo è sempre pronto a dare supporto ai Vigili del fuoco.
A quale profondità potrebbe trovarsi il corpo della ragazza?
«È difficile dirlo, visto che non si sa con esattezza il punto in cui è caduta. Ma, tenuto conto che non è riemerso in questi giorni, è possibile che sia sul fondale e in quella zona del lago parliamo di una profondità tra i 90 e i 110 metri».
Come si procede in questi casi? Quali sono le maggiori difficoltà per i soccorritori?
«Precisiamo subito una cosa, a quelle profondità non scendono i sub. Oggi per fortuna abbiamo a disposizione un’importante strumentazione tecnologica, dei sonar ad alta definizione in grado di effettuare una scansione dei fondali del lago. Fino a oggi (ieri, ndr) in attesa dei sommozzatori del Nucleo dei Vigili del fuoco di Roma, che procederanno con il Rov (un robot subacqueo comandato a distanza), si sono svolte ricerche in superficie».
Ma le correnti possono complicare le operazioni?
«Sul fondale del lago non ci sono correnti, sono presenti soltanto in superficie. Anni fa, durante il recupero di un corpo, ho avuto la possibilità di scendere a circa 110 metri di profondità a bordo del sommergibile con il professor Jaques Piccard. Un’operazione di soccorso, che ha fornito però importanti informazioni sul nostro lago».
Lei ha partecipato a molte operazioni di questo tipo, ne ricorda una in modo particolare?
«Sono purtroppo tutte esperienze drammatiche, molto forti. Anche se ricordo in modo particolare il recupero del corpo di Giovanna Mazzardi. Sono trascorsi 20 anni. Era scomparsa con il marito: lui era stato recuperato, ancora nell’auto, a circa 250 metri di profondità dai carabinieri, noi avevamo recuperato, qualche giorno dopo, il corpo della donna, a circa 156 metri. Lo avevo promesso alla madre».
Ricorda casi in cui i corpi non sono mai stati recuperati?
«Quattro persone. Dopo le prime operazioni, le famiglie avevano deciso di interrompere le ricerche dei propri cari, perché avevano detto che il lago era il luogo in cui avrebbero riposato per sempre».
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