Delitto di Erbusco, quelle 60 coltellate in cerca di un perché

Sessanta coltellate. Tante. Quasi troppe da spiegare nel quadro di un delitto che si ritiene premeditato. Il movente è al vaglio degli inquirenti
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Una teoria senza fine di coltellate. Sessanta. Quanti i secondi che compongono un minuto. E c’è da credere che ci sia voluto forse anche di più, all’assassino, per infliggere tutte quelle coltellate. Un tempo infinito, specie se come sembrano ipotizzare gli inquirenti, l’omicidio di Belkahla Riadh non rappresenta l’opera di un assassino obnubilato dalla rabbia, accecato da un’esplosione d’ira. Ma un piano studiato.

La verità è ora ricercata nel telefono trovato nell’auto della vittima. Si cerca traccia di un contatto tra il tunisino e il suo aguzzino. L’ipotesi è che i due si fossero dati un appuntamento e non si trovassero in quell’angolo di campagna per un incontro fortuito.

Ma perché tante coltellate? Il passato della vittima è legato alla droga. Ma il mancato pagamento di una partita di stupefacenti è sufficiente a giustificare 60 fendenti? Quell’accanimento avrebbe un senso solo se l’omicida avesse voluto eventualmente lanciare un terribile avvertimento a ogni altro potenziale cattivo pagatore. Ma occorrevano 60 coltellate? Un accanimento che farebbe quasi pensare, si trattasse di un giallo, ad una mano armata da un desiderio di vendetta. Di che tipo? Difficile a dirsi. Le indagini per ora ruotano attorno ad un bel po’ di interrogativi.

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