Chiude la sala parto all’ospedale di Iseo: il Comitato dice «no»

Raccolta di firme contro la decisione dell’Asst Franciacorta: «I conti non tornano»
Il nosocomio di Iseo illuminato col tricolore durante il lockdown - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il nosocomio di Iseo illuminato col tricolore durante il lockdown - Foto © www.giornaledibrescia.it
AA

Potenziato da una parte, depauperato dall’altra: questa pare essere la sorte dell’ospedale di Iseo dove lo scorso dicembre era stato inaugurato il nuovo pronto soccorso con un investimento di 500mila euro da parte di Regione Lombardia.

Nei giorni scorsi invece la notizia giunta dalla direzione generale dell’Asst Franciacorta riguarda la chiusura della sala parto e del reparto di maternità, scelta dovuta al calo delle nascite. Considerato un fiore all’occhiello del presidio iseano, il reparto di ginecologia-ostetricia era stato temporaneamente chiuso durante il periodo del Covid ma già dal quel periodo se ne paventava la definitiva soppressione. Le voci poi erano state smentite, all’inizio di giugno, proprio dall’Asst Franciacorta, che ora invece sembra essersi ricreduta, facendo marcia indietro, proprio in virtù dei numeri.

Non ci sta il Comitato pro ospedale, costituito già nel 2016 da cittadini di Iseo che si erano opposti allo spostamento a Chiari del servizio di oncologia e che ora lancia una raccolta firme. «Partiremo il 31 luglio - annuncia Orsolina Ciocchi, referente del Comitato - ma intanto abbiamo scritto ai sindaci del territorio perché l’ospedale di Iseo non è solo di Iseo ma serve 60mila persone di norma, e molte di più durante la stagione turistica. È vero che quest’anno è sicuramente anomalo - continua Ciocchi - ma in un mese e mezzo, da gennaio a metà febbraio, sono nati novanta bambini, poi il reparto è stato chiuso, quindi di che numeri si sta parlando?».

I servizi di base, secondo il Comitato, devono restare anche per garantire l’assistenza nei confronti dei turisti; tutte le altre specialità possono trovare posto a Chiari, capofila della rete. «Poi, se la crescita a livello nazionale è pari a zero o addirittura sotto zero, allora anche i parametri scelti per il mantenimento di un servizio dovrebbero cambiare» concludono dal Comitato.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia