A cosa serve la meditazione, come funziona e perché fa bene

In un tempo in cui tutto accelera – il lavoro, le comunicazioni, persino il tempo libero – cresce anche a Brescia il bisogno di rallentare. Sempre più persone scelgono di dedicare almeno un’ora alla settimana alla meditazione, non per estraniarsi dal mondo ma per ritrovare una qualità di presenza che la vita quotidiana troppo spesso nega. In una città nota per la sua operosità, è un segnale che qualcosa sta cambiando: anche qui si sta diffondendo l’idea che la cura di sé possa passare non solo dal corpo, ma anche dall’attenzione alla mente.
Consapevolezza di sé
Tra i punti di riferimento più attivi c’è il Centro Studi Interiori, in via Porcellaga 14, che ogni martedì sera dalle 21 alle 22 propone una meditazione guidata a offerta libera, aperta a chiunque voglia avvicinarsi a questa pratica. Fondato da Elia Beduschi, che ha iniziato a meditare a 17 anni e oggi ne ha 42, insieme a Michele Lanciani e Luigi Mazzocchi, il Centro si ispira agli insegnamenti del maestro Maha Atma Choa Kok Sui e nel tempo ha cercato di comprendere non solo perché le persone meditano, ma anche perché tante non lo fanno.

«Ci siamo resi conto che esistono molti pregiudizi – raccontano –. C’è chi pensa che la meditazione sia qualcosa di esotico o religioso, o che richieda un distacco dal mondo. In realtà è un lavoro di incontro: serve a far emergere chi siamo, al di là di emozioni e pensieri». Il percorso che si propone è semplice ma profondo: un’educazione alla percezione di sé. «Impariamo a sentire il corpo, a riconoscere le sensazioni, a sviluppare una consapevolezza del nostro esserci che c’è sempre, anche quando non ci pensiamo». Stando a quanto raccontano Elia, Michele e Luigi negli ultimi anni sono in aumento anche nel Bresciano coloro che si avvicinano alle pratiche meditative. Brescia è, quindi, aperta verso questo orizzonte, e lo è molto più di città vicine.
Che cos’è la meditazione
Una figura di riferimento per chi frequenta il Centro è la fotografa, scrittrice e documentarista Sara Melotti, 37 anni, che dopo quasi dieci anni a New York nel mondo della moda ha deciso di cambiare direzione. «Avevo visto da vicino quanto certi modelli estetici possano farci stare male, quindi ho lasciato tutto per viaggiare e per capire cosa c’è dietro la nostra idea di bellezza e felicità» racconta. In India e nel Sud-est asiatico ha approfondito la conoscenza del buddismo e dell’induismo, avvicinandosi alla meditazione Vipassana, la pratica di osservazione del respiro e delle sensazioni del corpo.

«Meditare non significa svuotare la mente – spiega Sara –. Significa osservarla, riconoscere quando siamo catturati dai pensieri e tornare al respiro. È un esercizio di attenzione, richiede disciplina. Molte persone confondono la meditazione con la mindfulness, che è un metodo occidentale recente. La meditazione, nelle sue forme originarie, è un cammino più ampio, che riguarda la conoscenza di sé». Melotti sottolinea come «sia importante togliere l’aura mistica o alternativa a questa pratica: meditare non è aderire a un’ideologia, è un allenamento dell’attenzione, un modo per imparare a restare nel presente».
Cosa dice la medicina
E la scienza cosa dice a proposito? Lo abbiamo chiesto a due persone che con il cervello lavorano quotidianamente.
Eugenio Magni, primario responsabile dell'unità operativa di Neurologia e Stroke unit della Poliambulanza, conferma l’interesse crescente della medicina verso le pratiche di consapevolezza. «Le neuroscienze stanno dimostrando che la meditazione, se condotta con continuità, produce cambiamenti misurabili nella struttura e nel funzionamento del cervello» spiega.

«Si osservano miglioramenti nella gestione dello stress, nella qualità del sonno e nella regolazione emotiva. È un’integrazione utile, non un sostituto delle terapie – precisa – ma può diventare un alleato importante nella prevenzione dei disturbi dell’umore e dell’ansia». Magni sottolinea che l’aspetto centrale è la costanza: «I benefici arrivano con la pratica regolare, non con l’occasionale tentativo. Ma quando la mente impara a fermarsi, il corpo segue».
Il parere del neuroscienziato
Andrea Bariselli, psicologo e neuroscienziato bresciano, da anni studia il rapporto tra meditazione, cervello e benessere mentale, combinando neuroscienze, intelligenza artificiale e sensori biometrici.
Le sue ricerche mostrano una riduzione dell’attività della default mode network, la rete neurale associata al «pilota automatico» e alla ruminazione mentale. In pratica, meditare aiuta a disattivare quella modalità di pensiero continuo e ripetitivo che consuma energia e ci tiene costantemente in tensione. A livello dei circuiti legati allo stress e alle emozioni – in particolare quelli che coinvolgono l’amigdala – si osserva una minore reattività e una migliore regolazione emotiva.
«Già dopo sei, otto o dieci settimane di pratica costante si registrano, con tecniche di neuroimaging, aumenti di volume e di densità in aree cerebrali connesse alla memoria, alla gestione dello stress e al controllo cognitivo» spiega. Anche gli elettroencefalogrammi mostrano un cambiamento netto: durante e dopo la meditazione le onde cerebrali passano da quelle più rapide (alfa e beta) a quelle più lente (theta), e più l’esperienza si consolida, più rapido diventa questo passaggio.
«Non sono effetti miracolosi né identici per tutti – precisa Bariselli – ma nei casi di ansia, stress moderato o depressione lieve risultano clinicamente rilevabili. Abbiamo osservato miglioramenti misurabili anche su piccoli campioni, con controlli attivi, e non abbiamo riscontrato controindicazioni. Ero partito scettico, ma dopo aver seguito un gruppo di persone con diversi livelli di esperienza e un follow up prolungato, ho potuto constatare che qualcosa cambia davvero».
Mente più calma e più ricca
La letteratura internazionale conferma quanto osservato da Bariselli e da Magni. Una recente review pubblicata su Frontiers in Psychology dal neuroscienziato Martin Farb e colleghi, dal titolo «A review and synthesis of evidence on meditation and complexity» (2024), evidenzia che la meditazione aumenta la complessità neurale durante la pratica, ma la riduce a riposo nei meditatori esperti. In altre parole il cervello diventa più stabile e meno reattivo agli stimoli, ma capace di attivarsi in modo più coordinato quando serve. È un doppio effetto: una mente più calma nella quotidianità, ma più ricca e flessibile nei momenti di concentrazione profonda.

Per una città come Brescia, abituata al fare e all’efficienza, la meditazione propone un modello che non è in contrapposizione al dinamismo, bensì lo completa. In un mondo che chiede sempre più attenzione, flessibilità e resilienza, imparare a fermare l’attività automatica, ad ascoltare il corpo, a gestire lo stress e le emozioni può diventare un investimento sulla qualità della vita e del lavoro. Chi desidera cominciare può farlo anche con un’ora alla settimana, magari in un incontro come quelli del Centro Studi Interiori. Non come fuga, ma come allenamento.
Come iniziare a meditare
Meditare è un percorso di apprendimento come molti altri: non serve dedicarvi ore, ma farlo con costanza. La regolarità, più della durata, è ciò che porta benefici. L’invito è di ritagliarsi ogni giorno uno spazio tranquillo, possibilmente alla stessa ora, scegliere una postura comoda e mantenere la schiena dritta.
La meditazione non è una tecnica complessa né una forma di visualizzazione, ma un esercizio di osservazione. Si parte dal respiro e dalle sensazioni del corpo, imparando a riconoscere i pensieri senza farsi trascinare da essi. L’obiettivo non è svuotare la mente ma restare presenti, lasciando che la consapevolezza diventi una parte naturale della routine quotidiana. Anche pochi minuti al giorno, se praticati con costanza, possono produrre effetti concreti sul benessere e sulla capacità di attenzione.
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