Influenza, sono 236.900 i bresciani vaccinati
Un giorno c’è la cena con i colleghi, l’altro il pranzo con i cugini, gli ultimi acquisti e la cioccolata con le amiche. Poi l’influenza manda all’aria ogni piano. Il copione si ripete ogni anno in molte famiglie. Per prevenire brutte sorprese 236.900 bresciani hanno fatto il vaccino. In Lombardia ne sono stati somministrati 1.924.530, oltre 132mila in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Quello dell’influenza, però, non è l’unico virus in circolazione.
I numeri
Emanuele Focà, professore di Malattie Infettive all’Università di Brescia, parla di «sindromi simil-influenzali caratterizzate da esordio brusco, febbre alta (più di 38), almeno un sintomo respiratorio (tosse, catarro...) e un sintomo costituzionale (dolore alle ossa e ai muscoli, mal di testa...)».
Si riferisce a virus parainfluenzali, Covid (la cui incidenza, da ottobre, nel Bresciano, è in netto calo), virus respiratorio sinciziale e, tra gli altri, al Rhinovirus. Stando al rapporto di sorveglianza epidemiologica «RespiVirNet» elaborato dal Dipartimento Malattie Infettive dell’Iss e relativo alla settimana tra il 2 e l’8 dicembre l’incidenza delle sindromi simil-influenzali in Italia è stata di 8,6 casi per mille assistiti ed è salita a 9,5 tra il 9 e il 15 dicembre (contro i 15,8 dello stesso periodo di un anno fa).
Nella nostra regione questo valore, riferito alla settimana tra il 2 e l’8 dicembre (ultimo dato disponibile), è di 10,5 casi per mille abitanti (si stimano 98mila casi in 7 giorni). Tra i lombardi a casa malati, 26 su 100 sono stati colpiti dai Rhinovirus responsabili di raffreddore e faringite, 11 sono alle prese con il virus respiratorio sinciziale, 9 hanno il Covid e 6 l’influenza.
Come spiega Focà «i ceppi di influenza A che circolano sono A H1N1 e A H3N2, al momento l’H1N1 è il più presente. Molto meno diffusi sono i ceppi B, meno patogeni e meno aggressivi. La fascia d’età più colpita è quella che va da 1 a 5 anni, perché questo virus è meno riconosciuto dal sistema immunitario dei bambini, più giovane e meno preparato rispetto a quello degli adulti che incontrano questi ceppi di virus dell’influenza da più stagioni e mantengono una certa immunità (mai completa)».

Il picco delle sindromi simil-influenzali «è atteso a gennaio». Dai report emerge che l’incidenza è in lieve aumento (lo sanno bene i pediatri e i medici di famiglia), ma si attesta a un livello decisamente inferiore a quello registrato nella scorsa stagione e pure in quella precedente. L’andamento è condizionato dalla campagna vaccinale e da fattori ambientali: «Se il freddo inizia dopo, anche il picco si sposta più in là; se la primavera arriva prima si riduce la durata di questi virus che si diffondono maggiormente quando stiamo in casa, al chiuso». Il vaccino è raccomandato perché, rispetto ad altri virus, quello dell’influenza «può avere manifestazioni cliniche più impegnative».
Complicanze
Tra le complicanze il prof. Focà cita «la polmonite e l’encefalite. Circa l’interessamento del sistema nervoso centrale non ci sono report attuali di allerta in Italia, tuttavia dai dati provenienti dall’Emisfero Australe (e dall’Australia in particolare) della stagione in corso circa l’8% dei malati che hanno necessitato di un ricovero perché più gravi ha manifestato segni di interessamento neurologico. Di questi l’1% ha avuto l’encefalite. Si è trattato soprattutto di bambini, per le ragioni legate all’immunità citate prima, e persone che avevano già altre malattie neurologiche. I sintomi dell’encefalite – ricorda il professore – sono mal di testa molto forte, confusione mentale, agitazione psico-motoria, alterazione del ritmo sonno-veglia e nei casi più gravi convulsioni».
Gli strumenti a disposizione per contrastare l’influenza «sono il vaccino che è efficace 7-10 giorni dopo la somministrazione e quindi si può ancora fare, le terapie non antibiotiche (l’antibiotico è indicato, su prescrizione, in caso di sovrainfezione batterica) e il riposo domiciliare. Le categorie a rischio hanno accesso anche ai farmaci antivirali. Premesso che non ci sono elementi che ci facciano pensare che possa essere più grave, più contagiosa e più letale del passato, bisogna tenere alta l’allerta per il rischio di aumento dei casi e della gravità di questi soprattutto negli anziani e nei fragili».
Medici di base
Ad occuparsi dei malanni di stagione – salvo complicazioni – sono i pediatri e i medici di base. «Stiamo vedendo ancora qualche raro caso di Covid, un po’ di raffreddore, alcune polmoniti virali e gastroenteriti sempre virali», spiega Angelo Braga, con studio a Villanuova.
«Assistiamo a un buon afflusso di pazienti con sindromi simil-influenzali – aggiunge Dario Palini, medico di famiglia a Rodengo Saiano e neoeletto consigliere dell’Ordine dei Medici –.Tutti i giorni si presentano assistiti con sintomi come tosse, febbricola o febbre, dolori muscolari e articolari diffusi, mal di gola. Una terapia antidolorifica e antipiretica tiene a bada i sintomi e a meno che non ci siano segni d’allarme la terapia antibiotica non è necessaria. La situazione è gestibile, ma ha un impatto importante sul lavoro delle "cure primarie" che, se non è ben gestito, rischia di essere sovraccaricato».
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