Economia

I giovani online, consapevoli dei rischi ma incuranti della privacy

Questo aspetto emerge dalla ricerca Generazioni Connesse:
La ricerca ha preso in esame un campione di 25.00 studenti di medie e superiori - © www.giornaledibrescia.it
La ricerca ha preso in esame un campione di 25.00 studenti di medie e superiori - © www.giornaledibrescia.it
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Passano meno tempo online rispetto agli ultimi due anni in piena pandemia, iniziano ad avere qualche consapevolezza in più dei rischi, ma sembrano non dare molto peso alla tutela della propria privacy. 

È la fotografia che emerge da diverse indagini condotte nell'ultimo anno sui giovani tra i 12 ed i 18 anni.

Procediamo con ordine. I giovani iniziano a ritrovare il piacere di stare insieme fisicamente, diminuendo il tempo da dedicare ad attività online. È ciò che emerge da una ricerca di Generazioni Connesse, progetto co-finanziato dalla Commissione Europea nell'ambito del programma «Connecting Europe Facility», condotta in collaborazione con Skuola.net, Università degli Studi di Firenze e Sapienza Università di Roma su un campione di quasi 2.500 ragazze e ragazzi che frequentano le scuole medie e superiori.

Tra il 2019 ed il 2020 la percentuale di coloro che dichiaravano di essere connessi per molte ore al giorno (dalle 5 alle 10 ore) sfiorava quota 60%. Nel 2021 la percentuale di coloro che rimangono connessi quotidianamente per molte ore è scesa al 42%; il 46% degli studenti interpellati dice di rimanere online meno di 4 ore ogni giorno. 

Più attenzione ai rischi

Al di là del tempo speso online, che tutto sommato non implica necessariamente un problema anche quando è molto (online si possono fare moltissime cose utili e di valore), la buona notizia viene dall'aumento della consapevolezza dei giovani rispetto ai rischi associati al Web, alle App ed ai Social Network. 

Stando ai dati raccolti dall'Osservatorio indifesa realizzato da Terre des Hommes e OneDay, con l'aiuto di ScuolaZoo e delle sue community (su un panel di 1700 ragazzi e ragazze dai 14 ai 26 anni in tutta Italia) ben 7 giovani su 10 dichiarano di non sentirsi al sicuro quando navigano in rete, riconoscendone rischi e pericoli. A preoccupare maggiormente le giovani generazioni è il rischio di cyberbullismo (68,8%) seguito da revenge porn (60%), furto di identità (40,6%) e stalking (35%) ma anche l'alienazione dalla «vita reale» (32,4%), con la creazione di modelli e standard irraggiungibili, è fonte di enorme frustrazione.

Su quest'ultimo punto (ossia la dimensione illusoria dell'online), un'altra indagine, promossa da Telefono Azzurro unitamente a Doxa Kids, evidenzia il rapporto controverso tra giovani e social network, soprattutto nella fascia d'età tra i 12 ed i 18 anni: un terzo degli adolescenti che hanno partecipato alla ricerca ritiene che alcuni social network influiscano negativamente sulla percezione di sé e degli altri, causando disagi emotivi che spesso non si è in grado di affrontare da soli (a dirlo sono i giovani stessi in queste indagini).

Poco interesse per la privacy

Dalla ricerca di Generazioni Connesse sopra citata, il 95% degli studenti che hanno preso parte all'indagine dichiara di aver aiutato i propri coetanei con consigli e suggerimenti pratici per vivere in modo più sicuro la vita nella sua dimensione digitale, quali per esempio «fare attenzione alle persone conosciute in Rete», «controllare bene i mittenti prima di aprire un link», «non condividere dati, foto e video personali». 

Consigli che sembrano tuttavia cadere nel vuoto, stando ai dati dell'ultima ricerca che abbiamo voluto analizzare per meglio definire il contesto dei giovani online e della loro percezione dei rischi (ossia l'ultima edizione dello studio di Telefono Azzurro e Doka Kids, condotta su quasi mille ragazze e ragazzi tra i 12 ed i 18 anni). Il 68% dei minori dichiara di fornire senza troppe preoccupazioni dati sensibili sui social, come nome e cognome; di questi, il 79% pubblica anche informazioni più dettagliate come età, indirizzo email, scuola frequentata, senza porsi alcun tipo di domanda sugli aspetti di privacy e sui rischi che si corrono fornendo tali informazioni online.

In questo quadro dai toni decisamente cupi, c'è una ulteriore pennellata di scuro: il Dipartimento Cyersecurity australiano ha condotto alcune verifiche su un database pedopornografico online e ha dovuto amaramente constatare che il 50% delle foto dei minori presenti in quel database erano originariamente state postate online dai genitori.

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