GdB & Futura

Future Power quel che si butta diventa il domani ecocompatibile

Quante vite ha un chicco di riso? Potenzialmente infinite: questa è l’idea guida di Future Power srl
Lo scarto del riso è una grande risorsa
Lo scarto del riso è una grande risorsa
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Quante vite ha un chicco di riso? Potenzialmente infinite. Almeno, se le si guarda nell’ottica dei prodotti cosiddetti rigenerabili, che non hanno cioè alcun tipo di residual waste ma permettono di reintregrare ogni materiale in un sistema circolare al cento per cento.

È l’idea alla base dell’attività di Future Power, azienda con sede a Treviglio fondata dal bresciano Marco Baudino che dal 2013 realizza prodotti in lolla di riso (la buccia del chicco scartata durante la lavorazione, presente in grande quantità) e impianti per generare sia energia pulita sia fertilizzanti bio.

Al centro del business e della filosofia dell’azienda ci sono vasi, piatti e contenitori in lolla chiamati Vipot, che sono completamente biodegradabili: «Future Power è nata per trovare soluzioni a impatto ambientale zero – spiega Marco Baudino, che a questo progetto lavora dal 2007 –. Grazie a un materiale come la lolla e ad alcune tecnologie innovative abbiamo scoperto che è possibile eliminare il problema del riciclo del packaging e dare vita a un’economia che sia davvero circolare». I prodotti in lolla hanno infatti come unici ingredienti la pressione e la temperatura che permettono di assemblarli (oltre a una piccola percentuale di collanti vegetali): rigenerano quindi materia organica e vengono smaltiti come tali.

Future Power ha messo a punto anche impianti mini a ciclo anaerobico, che utilizzano gli scarti organici disponibili su un territorio per generare un fertilizzante bio – con cui ora, fra le altre cose, sta supportando la Val di Non per riportare le api scomparse dalla zona – ed energia elettrica. «Per ora recuperiamo il materiale di scarto di un cliente, lo trasformiamo in energia e gliela restituiamo per completare il ciclo, ma la quantità di energia che produciamo potrebbe essere utilizzata per le colonnine di ricarica della mobilità elettrica – prosegue Baudino –. Con 800mila kilowattora all’anno potremmo rifornire 550 automobili stile Tesla oppure 250mila biciclette a pedalata assistita. A costi irrisori e a zero impatto».

Non c’è ancora un programma su questo fronte, ma Baudino ha già fatto i conti: «Questo è un piano che può funzionare su larghissima scala, coinvolgendo tutte le comunità. Se l’obiettivo dei prossimi anni è eliminare la combustione fossile, vanno create soluzioni davvero innovative e capaci di reintegrarsi nella natura. Non come la bioplastica, che è un modo nuovo di fare una cosa vecchia. Le soluzioni ci sono, bisogna decidere di applicarle». E il mercato come risponde? «Sempre meglio. Quando ho iniziato sembrava ancora una vicenda da visionari. Oggi le persone sono molto più consapevoli e vogliono prodotti che tutelino il Pianeta. È il momento di svoltare».

 

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