Elezioni politiche, una corretta postura fa bene anche al Paese

La politica estera torna di nuovo alla ribalta a poco più di una settimana dal voto del 25 settembre. Sono i rischi di ingerenze russe ad infiammare il dibattito politico di una campagna elettorale talmente fiacca che difficilmente convincerà gli astensionisti incalliti ad andare a votare per questo o quel partito.
Dal 2016 ad oggi si è parlato con insistenza del tentativo di Mosca di influenzare le democrazie occidentali, per intenderci a partire dal referendum sulla Brexit in cui la Russia sarebbe intervenuta non direttamente, ma con una campagna di controinformazione attraverso propri canali di informazione come Sputnik o Russia Today.
Tanto che il Servizio europeo per l’azione esterna, il ministero degli Esteri dell’Unione, ha attivato una equipe che ha il compito di contrastare le campagne russe di disinformazione in particolare nell’Europa dell’est. Situazione ulteriormente aggravatasi dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.
Cosa c’entra questo con l’Italia? Moltissimo vista l’imminenza delle elezioni. Va sottolineato un dato storico: durante la Guerra Fredda nel nostro Paese c’era il partito comunista più forte, in termini di consensi, di tutta l’Europa occidentale. In quel mondo bipolare i comunisti ricevevano finanziamenti da Mosca, così come gli altri partiti al governo a partire dalla Democrazia cristiana era sostenuti dagli Stati Uniti. In sostanza le due grandi potenze scaricavano nei singoli Stati la propria competizione, cleavages esterni che andavano ad incidere direttamente sulla politica interna.
Il lascito politico culturale di quel periodo è uno spiccato antiamericanismo e una posizione simpatetica nei confronti di Mosca. Basterebbe scorrere le interviste a tutti i candidati bresciani pubblicate dal nostro giornale; in una domanda si chiede se si è favore della postura euroatlantica dell’Italia. Una parte dei candidati (tra Italexit, Unione Popolare, Vita e Italia Sovrana e popolare) oscilla tra la neutralità e l’uscita tout court dalla Nato e dalla Ue.
Queste posizioni rispecchiano in parte quell’eredità culturale. Tornando alla dimensione internazionale, oggi la situazione è decisamente più complessa, in un mondo multipolare lo scontro non vede più due grandi potenze contrapposte, ma si assiste ad una sfida tra democrazie ed autocrazie. La Russia ha mostrato come obiettivo quello di perturbare le liberaldemocrazie e l’Unione europea; in questa ottica negli anni ha stretto legami più o meno duraturi con forze politiche che volevano disarticolare le istituzioni europee.
Da qui i finanziamenti al Front National o al Partito della libertà austriaco, ma anche l’accordo politico che Russia unita (il partito di Putin) ha stretto con la Lega in un momento in cui il partito italiano aveva posizioni particolarmente dure nei confronti di Bruxelles.
I detrattori del Carroccio, in questi mesi, hanno sottolineato l’ambiguità negli atteggiamenti di Salvini rispetto alla politica italiana sull’Ucraina: un leader notoriamente incendiario si è trasformato in un pacifista senza frontiere, così pur votando l’invio di armi a Kiev ha continuamente ribadito i suoi distinguo rispetto alla linea di fermezza di Draghi. Ma oltre la Lega, anche il Movimento 5 Stelle ha intrattenuto relazioni pericolose, anche se sembrano essere cadute nel dimenticatoio. In particolare nei primi anni di questa Legislatura la sottoscrizione del memorandum sulla Via della Seta tra Italia e Cina ha messo in luce un insospettabile vicinanza pentastellata con Pechino, rafforzata anche dall’immagine di Beppe Grillo che più volte in questi anni si è recato all’ambasciata cinese a ridosso di passaggi chiave della vita politica italiana.
Si potrebbe essere portati a pensare che legami con Russia o Cina da parte di alcune forze politiche potrebbero facilitare anche i rapporti internazionali con quei Paesi, ma si tratta di una questione particolarmente insidiosa e in realtà potrebbe essere un’arma a doppio taglio. Nel caso cinese basta pensare ai tentativi di penetrazione di Pechino nelle economie occidentali o delle tante acquisizioni tentate e realizzate su aziende europee. Insomma il posizionamento internazionale non è mai secondaria per il futuro del Paese
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