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Evviva evviva, in fabbrica arriva l’IoT (con dei rischi)

L’internet delle cose porta una possibilità: che qualcuno si infiltri nei software aziendali
Il campus di Ingegneria a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
Il campus di Ingegneria a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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La società di ricerche di mercato Idc ha stimato che per il 2020 saranno connessi a Internet nel mondo circa 80 miliardi di dispositivi secondari, che vanno dai sensori industriali alle tapparelle automatizzate della nostra sala da pranzo. Uno scenario di crescita travolgente per una tecnologia, l'IoT, nata solo qualche anno fa. E che apre una serie di possibilità e nuovi rischi. È il tema della storia di oggi che richiede, per essere raccontata, l’inevitabile uso di termini che appariranno tecnici a chi non è specialista e, al contrario, un po’ approssimativi per chi tecnico è. Ma questo è un rischio.

Di chance e controversie relative all'ingresso di internet delle cose nelle fabbriche si sta occupando un team di ingegneri dell'Università di Brescia, che ha dato vita a un laboratorio apposito. Il progetto è partito con un crowdfunding (raccolta fondi tramite il web) un anno fa, raccogliendo 50 mila euro da aziende come Beretta, Gefran, InnexHUB, AB Impianti che hanno deciso di finanziare la ricerca a fondo perduto. Il tutto all'interno del primo centro di competenza italiano di Profinet, il consorzio leader per la comunicazione industriale, al CSMT di via Branze.

Qui, dal 2003, gli ingegneri studiano un sistema che permetta ai singoli dispositivi di comunicare con più utenti secondo un protocollo Internet - cioè la base dell'IoT. «Gli obiettivi sono due: ogni oggetto industriale deve "parlare" Internet con il controllore, in tempo reale», spiega la professoressa Alessandra Flammini, responsabile del laboratorio. Al momento, la connessione al microsecondo (fondamentale se si pensa, ad esempio, a un twin drive) è garantita dalla tecnologia di Profinet, che però, basandosi su Ethernet, funziona ancora via cavo. La nuova sfida del lab dell'UniBs sarà quella di creare un virtual Profinet, cioè spostare tutto il sistema nel wireless.

Per consentire le attività nel nuovo laboratorio è in arrivo anche una nuova macchina (offerta da ABL Automazione di Gussago). «Costruirà il corpo di una valvola, che è una lavorazione molto comune nel bresciano, con altre leghe oltre al metallo e anche con il 3D - illustra il prof. Paolo Ferrari -. Funzionerà a ciclo chiuso, perché ci servirà per produrre dati e acquisire informazioni per fare manutenzione predittiva e virtual sensing».

Connettendo diversi sistemi che generano dati e creando un "gemello virtuale" della macchina (il cyber physical system), sarà quindi possibile monitorare il funzionamento del macchinario reale. Cosa che comporta tutta una serie di vantaggi, ad esempio la possibilità di ridurre le tolleranze di produzione. Cyber-security. «L'IoT industriale è una strada obbligata - prosegue Flammini -. Ma ovviamente più dati significa anche più possibilità di rischio».

Il motivo è semplice: molti impianti industriali impiegano queste tecnologie, ma non hanno ancora messo in piedi difese in grado di resistere agli attacchi hacker più avanzati. I dispositivi connessi potrebbero essere usati per esfiltrare dati aziendali, per poi alterarli e rovinare la produzione oppure ricattare l'azienda. Per questo motivo nel laboratorio si sta mettendo a punto anche un nuovo sistema di sicurezza: «Si tratta di una protezione con un sistema ad approccio integrato tra il produttore di antivirus e i nostri strumenti capaci di individuare i virus», spiega Ferrari. Consulenza. Non è l'unico servizio che il centro universitario offre alle imprese. Da anni, infatti, con il Csmt gli ingegneri promuovono dei corsi su Profinet, così da formare esperti (i Profinet Engineers) in grado di affrontare eventuali problemi direttamente sul loro posto di lavoro.

 

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