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«Educare al futuro», si parte dai bambini: ecco come

Con la sua Impactscool Cristina Pozzi trova posto fra i «Giovani Leader» al World Economic Forum
Cristina Pozzi: Young Global Leader 2019 e co-fondatrice di Impactscool - © www.giornaledibrescia.it
Cristina Pozzi: Young Global Leader 2019 e co-fondatrice di Impactscool - © www.giornaledibrescia.it
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Milanese, trentasettenne, liceo classico, poi Università Bocconi. Voleva studiare filosofia, ma i suoi genitori erano contrari e ora è diventata Young Global Leader 2019 per l'Italia al World Economic Forum. Se qualcuno afferma che l'innovazione coincide con la corsa alle nuove tecnologie, lei ribatte che è innanzitutto una questione di mindset culturale.

Cristina Pozzi è l'imprenditrice che a maggio ha riportato l'Italia, dopo 5 anni, fra i nominati della comunità no-profit con sede a Ginevra, selezionata su migliaia di segnalazioni da 70 Paesi. Perché? Dopo aver venduto nel 2016 WishDays a Smartbox, ha fondato, insieme al socio Andrea Dusi, Impactscool, un'organizzazione che si occupa di formare bambini e ragazzi alle sfide del futuro nell'epoca della quarta rivoluzione industriale: «Avevamo capito che ci interessava di più imparare a gestire i cambiamenti in corso sulla nostra vita. E quindi dovevamo partire dalla scuola». L'educazione al futuro è il tema di cui Pozzi ha parlato nei giorni scorsi a Milano, nell'ambito di Wake Up Innovators, una serie di incontri organizzati dall'agenzia Connexia e da Doxa. Lo riproponiamo qui sottoforma di intervista.

Cristina Pozzi, lei ha studiato Economia, ma ora si sta per laureare anche in Filosofia. Perché? «Perché il nostro tempo ci richiede altre competenze rispetto alle sole tecniche. Dobbiamo sviluppare un pensiero aperto, flessibile e tanto spirito critico. Se vogliamo affrontare le tecnologie emergenti dobbiamo anche capire che impatto avranno sulla nostra società per riflettere in modo più consapevole sul futuro.

L'intelligenza artificiale sta rivoluzionando tutti gli ambiti della nostra esistenza. Cambierà anche il nostro modo di imparare? «Oggi si parla sempre più di educazione di precisione, cioè di insegnamenti personalizzati, grazie a computer e algoritmi che sono in grado di conoscere bene una persona e aiutarla in base alle sue esigenze, come un tutor privato. Il problema è che l'educazione viene misurata in base al Pil e all'occupazione, quindi si vuole che la tecnologia renda le persone più efficienti. Ma, in primo luogo, non è detto che funzioni, e poi è una visione riduttiva.

Cioè l'intelligenza artificiale può sbagliare? Sì, e non solo. Le tecnologie possono aiutare a ridefinire, aumentare o modificare. Però comportano anche alcuni rischi: per esempio, l'intelligenza artificiale non sa riconoscere i pregiudizi e non ci dice che percorso ha seguito per arrivare a una determinata soluzione. In più, le macchine non hanno cura delle persone. E l'apprendimento, invece, è anche un'esperienza umana fondamentale.

Come si colloca Impactscool in questo contesto? Noi viaggiamo in tutta Italia per proporre attività formative nelle scuole e nelle università. Spieghiamo cosa sono le tecnologie emergenti ma soprattutto forniamo ai ragazzi e ai docenti strumenti per capire il presente e anticipare le tendenze future, con un metodo innovativo.

In cosa consiste? In learning by doing, input multimediali, attenzione ai diversi stimoli, condivisione con gli altri, giochi. Vogliamo educare persone, non lavoratori. Per questo pensiamo a sviluppare la loro curiosità, le loro attitudini e il loro carattere, oltre alle competenze e alle conoscenze. Per noi la tecnologia deve essere una guida alla scoperta e lasciare spazio anche alla libera immaginazione.

È un approccio molto umanistico all'innovazione. Certo, perché capire ciò che sta accadendo e sviluppare un pensiero critico è fondamentale per avere un senso del futuro. L'Unesco la chiama «futures literacy», cioè la capacità di comprendere e far fronte al domani, e ritiene sia la skill più importante del ventunesimo secolo. Chi gioca il ruolo principale sono le scuole e le famiglie, che però molto spesso sono ancora sprovviste di mezzi e preparazione adeguati. E vanno aiutati».

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