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Dove diplomarsi a Brescia per trovare subito lavoro

Un imponente lavoro della Fondazione Agnelli sulla qualità delle scuole italiane (e bresciane)
Studenti della Don Bosco a Brescia (Foto Facebook)
Studenti della Don Bosco a Brescia (Foto Facebook)
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Scegliere una scuola superiore piuttosto di un'altra non è certo un compito facile. Nei ragazzi, di certo meno nei genitori, le idee si schiariscono di solito dopo qualche anno tra i banchi e spesso non si tiene conto dei vari aspetti collegati ad una specifica decisione iniziale. Nel caso degli istituti tecnici tecnologici uno dei fattori determinanti, sebbene di certo non l'unico, è la possibilità di trovare un posto di lavoro non appena terminata l'esperienza scolastica.

Perché proprio per la loro natura queste scuole hanno una vocazione alla pratica, sebbene con la trasformazione tecnologica e una nuova impostazione didattica abbiano virato verso una sempre maggiore conoscenza di base in tutti i settori, e in molti casi gli studenti decidono di non accedere all'università e di buttarsi subito alla ricerca di un'occupazione.

Grazie al rapporto Eduscopio 2018, curato dalla Fondazione Giovanni Agnelli di Torino e pensato proprio per aiutare i giovani nella scelta delle superiori, questa volontà può trovare un concreto riscontro nei dati. Nel grande lavoro della Fondazione, che ha analizzato le performance di oltre 1,2 milioni di diplomati italiani, per gli istituti tecnici l'indice di occupazione (fa riferimento a coloro che hanno lavorato almeno 6 mesi entro i primi due anni dal conseguimento dal diploma e non si sono immatricolati all'università), è infatti uno dei parametri che caratterizza ciascuna scuola.

Nel Bresciano sono 22 le realtà di questa natura: in due casi, il privato Don Bosco e il Benedetto Castelli entrambi a Brescia, la percentuale degli occupati si aggira attorno all'80% (rispettivamente 83% e 80%), Un dato molto elevato ma che di certo non fa sfigurare gli altri istituti. Scorrendo via via la classifica si evince infatti come tale percentuale non scenda mai sotto il 50% (solo in due casi, Golgi ed Euroscuola di Brescia), sinonimo da un lato dell'alta capacità professionalizzante delle scuole tecniche tecnologiche e dall'altro della fame, manifestata a più riprese dal tessuto produttivo nostrano, che le aziende hanno di giovani formati e pronti ad apprendere un lavoro.

Il discorso invece si fa differente quando ad essere presa in considerazione, per i diplomati che hanno trovato un'occupazione entro due anni dal termine del percorso d'istruzione, è la corrispondenza tra tipologia di studi effettuati e posizione lavorativa ricoperta (non include coloro che lavorano ma hanno una qualifica professionale trasversale, cioè comune a più titoli di studio e per i quali non si può valutare con certezza il grado di coerenza).

Qui le differenze si fanno decisamente più ampie tra le varie scuole: la percentuale si muove infatti dal 50-60% di istituti quali il Perlasca di Vobarno (60,9%), il Primo Levi di Sarezzo (59,5%), il Cerebotani di Lonato (53%) il Marzoli di Palazzolo (51%) o il Beretta di Gardone Valtrompia (50,7%) a numeri ben più bassi, tra il 5 e il 10%, per l'Antonietti di Iseo (6%), il Golgi (9,4%) o il Tartaglia di Brescia (9%).

L'ultimo parametro ad essere preso in considerazione dal rapporto Eduscopio 2018 è invece il tasso di ragazzi che si sono diplomati in regola. I due istituti privati Don Bosco ed Euroscuola sono gli unici ad avere una percentuale al di sopra del 60%. In tutti gli altri casi questa si muove tra un range compreso tra il 25 e il 50% (il più basso coefficiente è del Primo Levi di Sarezzo con 23% il più alto del Luigi Einaudi di Chiari con 58%), segno evidente di come gli istituti tecnici non siano certo una passeggiata ma richiedano grande impegno e fatica. Se però si tiene conto dell'alta probabilità di trovare un lavoro al termine del percorso un pensiero in più su queste realtà i ragazzi potrebbero cominciare a farlo.

 

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