GdB & Futura

A Rovereto: nelle vecchie fabbriche nasce il futuro possibile

Alla Manifattura Tabacchi polo green; all’ex Pirelli quello della meccatronica: Il Trentino insegna
Il polo della meccatronica a Rovereto - © www.giornaledibrescia.it
Il polo della meccatronica a Rovereto - © www.giornaledibrescia.it
AA

A Rovereto, a tre anni dalla prima visita. Aggiornamento del futuro possibile. Mica un sogno, poche suggestioni. Quelle c’erano agli inizi. Adesso ci si misura con quel che la realtà mostra. E la realtà e qui, sotto gli occhi di tutti.

In quella che per un secolo e passa era stata una fabbrica di sigari e sigarette adesso ci sono una cinquantina di microimprese che fanno da calamita al punto che sta partendo un cantiere per realizzare quasi 10 mila metri quadri di nuovi edifici, mentre in quella che, fino ad vent’anni fa era una fabbrica della Pirelli, adesso ci sono nuove aziende che, anche in questo caso, stanno calamitando altre realtà con la Bonfiglioli di Modena che realizzerà una nuova fabbrica e - udite udite - con Fca-Fiat Chrysler che qui realizzerà il nuovo centro studi per la guida autonoma. Fino a qualche anno fa era tutto una mezza suggestione adesso ci sono fatturati e posti di lavoro.

All’ex Manifattura Tabacchi, lunedì quell’altro era un giorno particolare: un po’ di festa, di festina perlomeno. Vin bianco e pizzette. Non più solo energia green, legno e tecnologie annesse. Da oggi anche sport, ovvero tecnologie per lo sport che, se ci pensate bene, è una versione un po’ particolare dell’esser verdi. Una decina di aziende (piccole, piccolissime, due-tre soci-dipendenti) lavoreranno avendo in comune l’ambito - quello sportivo, appunto-. Magari fra loro possono persino essere concorrenti. Ma che importa? Fanno rete, nasce un polo - SpinLab - e si vedrà se avrà fiato.

Le startup sportive si affiancano alle aziende storiche presenti nell’ex Manifattura Tabacchi. Aziende che operano in ambito ambientale-energetico-riciclo rifiuti: green, come si dice oggi. Dentro ci sta un po’ tutto: l’edilizia sostenibile, la lavorazione particolare del legno, il telecontrollo di impianti (case, ponti, palazzetti dello sport) in lamellare, aziende che fanno manutenzione a queste strutture.

Una microstoria su tutte, quella della Ri-Legno. La sintetizza Lavinia Sartori. Nata appunto 4-5 anni fa come azienda per controllare a distanza impianti in legno, oggi ha una dozzina di dipendenti e 2,5 milioni di fatturato. Il mercato si è allargato, ma poi hanno capito che, oltre che controllare, potevano anche offrire un servizio di manutenzione. E poi hanno capito, sempre strada facendo, che quando c’era la possibilità di recuperare del legno questo non andava buttato. Adesso ci fanno mobili in un capannone da mille metri poco distante.

Ci sta un’azienda che, qualche anno fa, aveva ideato un modo certamente inconsueto di purificare l’acqua utilizzando i tappi delle bottiglie d’acqua minerale. I tappi? Sì, i tappi. Ma, dentro i tappi, dove c’è la filettatura che consente di chiudere-aprire la bottiglia, ci mettono dei batteri che - appunto là dentro - pare crescano a meraviglia. Pareva una eccentricità, ma un fondo ci ha investito qualche milionata. Adesso si apre la nuova storia. Quanto di buono raccontato è niente rispetto a quel che potrà accadere. Sta infatti succedendo una cosa strana, bellissima. E cioè: anche aziende più grosse, più strutturate, cominciano a guardare quel che capita dentro la vecchia manifattura.

E si dicono: ma guarda te, è un posto dove lavorano cento-centocinquanta persone che si occupano (nel nostro caso) di energia-legno-edilizia. Un sacco di cervelli che lavorano sui nostri stessi ambiti.E quindi, si dicono le grandi aziende, perchè non fare lì, vicino a loro, una fabbrica oppure trasferire lì il nostro centro di ricerca e sviluppo, magari un pezzo. Effetto calamita. E allora arrivano, ma non c’è più posto nella vecchia manifattura.

Oddio: qualche pezzo resta da sistemare, ma lo si è dato ad alcune di queste aziende che lo sistemano, in cambio si combineranno con l’affitto, e presto si insedieranno. Ma c’è altro, bel altro. Ci sono 5 ettari già sbancati attaccati alla Manifattura. E nei giorni scorsi (dopo qualche anno di tribolazioni burocratiche) è stato firmato l’appalto di 38,6 milioni che porterà a realizzare 25 mila metri di nuovi edifici e spazi coperti su progetto dell’archistar giapponese Kengo Kuma. Roba costruita con criteri trentini: sotto il piano strada, sopra tutto prato, edifici ipersostenibili. E qui arriveranno nuove aziende. Ed è su questo che varrebbe la pena fare una seria riflessione.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia