Dialèktika

Fra imbianchini veri e vere fàce de brónz

Una scarpa, uno zoccolo, la memoria dei lettori
Titì e Marena erano due imbianchini
Titì e Marena erano due imbianchini
AA

Non si finisce mai di imparare. Nella nostra ultima rubrica - alla scoperta di alcune espressioni binarie del nostro dialetto - avevo definito Titì e Marena due personaggi di fantasia. Io li avevo sempre percepiti così. Però non avevo fatto i conti con la memoria di un nostro lettore (ci chiede di restare anonimo e noi lo accontentiamo).

Scrive a Dialèktika: «Titì e Maréna sono realmente esistiti. Erano due imbianchini. Tra il 1949 e il 1954 avevano un magazzino in vicolo San Clemente di fianco al numero 21, in città. Si muovevano con uno di quei furgoncini a pedale, tre ruote, sul quale a turno l’uno trasportava l’altro con le loro pitture, soprattutto dopo le bevute che si concedevano dopo il lavoro. Titì, alto e dinoccolato, biondiccio, un tipo quasi tedesco. Maréna piccolo e con i capelli rossi, da qui il nome. Erano spesso in discussione fra loro... comunque risultavano simpatici e molto caratteristici!».

Sempre sul filone delle espressioni binarie, Fabio ci segnala «’na scàrpa e 'n söpèl» (per indicare qualcosa di spaiato), Martì ricorda «a pìgn e pesàde» (metodo brusco ma pare efficace per smuovere qualcuno), Franca «zàc e tàc» (indica il concludere le cose velocemente) e Pàol da Leno «gnà fìl gnà fónt» (si dice di una situazione scombinata, senza una ragionevole trama che tenga, a volte all’espressione si aggiunge anche il finale «gnà cüsidüra»). Fra le coppie proverbiali, in città ci sono infine Tóne e Batìsta. Di quelli però sono sicuro che non sono persone in carne ed ossa. Piuttosto li definirei delle vere fàce de brónz.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato